domenica 3 settembre 2017

Baked Alaska

Erano tanti anni che non trascorrevo il Ferragosto in città. Ne conservavo un ricordo…quasi incantato, la possibilità di vivere una città silenziosa e tranquilla, di girare in bicicletta senza traffico, di mangiare qualcosa in uno di quei posti dove normalmente senza prenotazione non riesci ad entrare. Beh non è stato esattamente così. Torino è una città che a Ferragosto chiude per ferie, tutto o quasi è immobile, chiuso. Il centro più che silenzioso sembrava una città fantasma, anche le caffetterie storiche, i locali più carini avevano la saracinesca abbassata. Le vie della città ribollivano di sole caldissimo e solo sotto i portici, all’ombra, sembrava di trovare un po’ di refrigerio. Però a sorpresa i musei erano tutti aperti e la giornata si è rivelata ugualmente piacevole. Ho fatto colazione a casa con molta calma e rinunciato ad un pranzo a base di sushi che avevo in programma (ristorante chiuso). Ho optato per il ‘piano B’, visto che uno dei pochi locali aperti era una delle mie pasticcerie/caffetterie preferite: non troppo distante da casa, con un piccolo spazio all’aperto (qui li chiamano dehors) arredato con tavolini bassi e tante piante verdi. Non era esattamente l’ora di pranzo quando ho deciso di fermarmi, poco più di mezzogiorno. Ho ordinato un caffè americano, un tramezzino con uovo e insalata (fresco e delicato) e due minuscoli pasticcini al cocco, due palline perfettamente sferiche al gusto di cioccolato cocco e mandorle. Il ‘caffè americano’ merita due parole in più, almeno per come lo servono qui: una bella tazza da tè di quelle rotonde un pochino retrò con all’interno due caffè espressi piuttosto lunghi, sullo stesso vassoio portano zollette di zucchero, una lattiera e un bricco con acqua bollente… per trasformare i due espressi lunghi in un caffè lunghissimo, appunto all’americana. Da completare con zucchero di canna e latte a piacere. La prima volta ho trovato questa combinazione acqua + caffè un po’.. scioccante, adesso mi piace moltissimo ed è quello che ordino sempre quando vado lì.
La mia meta era il Museo di Arte Orientale (MAO). Torino è celebre per il Museo Egizio visitato da milioni di turisti ogni anno, ma il MAO è a mio parere ancora più bello, più particolare e ricco di suggestioni. L’arte orientale è spesso silenziosa, ispirata e molto intensa. Il museo è vario, le collezioni comprendono statue di Buddha del Gandhara solenni e umane al tempo stesso, bassorilievi e sculture indiani ricchi di complicati ritmi lineari, porcellane cinesi e deliziose damine Tang, costumi da samurai che un certo timore lo incutono. E ancora delicate stampe giapponesi dell’Ukyo-e, pannelli di seta dipinti con immagini lievi e ceramiche islamiche dai colori smaltati e brillanti… volendo guardare tutto con attenzione non basta un intero pomeriggio.
Sono rientrata a casa proprio per l’ora di cena e nonostante il caldo ho acceso 5 minuti (basta davvero pochissimo) il forno per completare la decorazione del dessert che avevo scelto di preparare per cena: baked alaska, ovvero uno zuccotto di gelato con una base soffice (in genere pan di Spagna, ma io preferisco utilizzare la pasta biscuit) rivestito di meringa morbida e passato un attimo in forno per ‘sbruciacchiare’ al meringa. Preceduto da un piccolo antipasto e da un cus cus con tante verdure; cena in sala con le finestre aperte per far entrare un vento leggero che alle 9 di sera agitava delicatamente le tende e ha finalmente reso la giornata un po’ più fresca.

P.S. Io non ho la gelatiera, quindi per fare l’Alaska utilizzo gelato artigianale, ma con quello fatto in casa è ancora più buono. E’ un dolce a mio parere buonissimo e molto facile, lo zuccotto di gelato con la sua base di pasta biscuit si può preparare in anticipo, anche il giorno prima, la meringa può essere preparata qualche ora prima di servire e lasciata in frigo in un sac à poche. Si può assemblare tutto dieci minuti prima di portarlo in tavola, passarlo in forno e terminare la ‘coloritura’ della meringa con una torcia da pasticcere. Poiché è piuttosto dolce io in genere utilizzo gusti di gelato non troppo zuccherosi, in questo caso ho scelto un cioccolato amaro extrafondente e pistacchio, che un gelataio qui vicino fa davvero buonissimo, con un retrogusto quasi salato.

BAKED ALASKA





Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta biscuit (io uso una teglia rettangolare 30 x 40):

3 uova intere
80 gr di zucchero semolato
80 gr di farina 00
Un pizzico di bicarbonato (la punta di un cucchiaino da caffè)

Per evitare che si attacchi in cottura:

Una noce di burro
Un cucchiaio di farina
Due cucchiai di zucchero semolato (dopo la cottura)


Per la meringa:
2 albumi
lo stesso peso degli albumi (55 gr circa) di zucchero a velo
lo stesso peso degli albumi (55 gr circa) di zucchero semolato fine, tipo Zefiro

Per lo zuccotto:
500 gr di gelato artigianale (io ho utilizzato 250 gr di cioccolato e 250 gr di pistacchio)

Prepara la pasta biscuit (anche il giorno prima)

Prepara la teglia per cuocerla: metti su una teglia un foglio di carta da forno, imburralo con la noce di burro molto bene e cospargi di farina, scuotendo via l’eccesso.
Separa i tuorli dagli albumi. Metti da parte gli albumi e metti i tuorli in una ciotola insieme allo zucchero.
Io per montare i tuorli uso la planetaria, vanno bene anche le fruste ma devono essere montati molto a lungo fino a quando diventano chiari e spumosi (con la planetaria 12 minuti).
Mentre i tuorli montano accendi il forno a 180 gradi.
A parte monta gli albumi a neve ferma (io lo faccio con le fruste mentre la planetaria lavora i tuorli).
Quando i tuorli sono montati, aggiungi al composto la farina setacciata con il bicarbonato in tre volte successive, continuando dopo ogni aggiunta di farina a lavorare brevemente l’impasto con le fruste elettriche o con la planetaria.
Dopo aver incorporato tutta la farina aggiungi gli albumi montati a neve ferma.
Anche gli albumi non vanno aggiunti tutti insieme ma in quattro volte successive, mescolando ogni volta a mano con una spatola di silicone dal basso verso l’alto e dall’esterno verso l’interno, come quando si fanno le meringhe facendo attenzione a non smontare il composto.
Procedi con l’aggiunta successiva, solo quando il composto è ben amalgamato.
Quando l’impasto è pronto versalo nella teglia già preparata livellandolo delicatamente con la spatola in modo che sia ben distribuito ai lati e al centro per ottenere un biscuit di spessore uniforme.
Cuoci in forno già caldo per 10 minuti.
Mentre la pasta cuoce nel forno, prepara un canovaccio pulito e cospargilo con i due cucchiai di zucchero semolato.
Terminata la cottura (il biscuit deve essere dorato) estrai la pasta dal forno e rovesciala sul canovaccio, in modo che il lato con la carta da forno rimanga verso l’alto e l’altro appoggi sul canovaccio ‘zuccherato’.
Stacca la carta da forno delicatamente (se è ben imburrata è facile), copri con un altro canovaccio pulito e lasci raffreddare la pasta.

Prepara lo zuccotto di gelato (anche questo può essere fatto il giorno prima), per essere lavorato il gelato deve essere un po’ morbido, quindi meglio tirarlo fuori dal congelatore un attimo prima.
Fodera uno stampo di metallo ci forma semisferica (per uno zuccotto appunto) con la pellicola trasparente, ricoprilo totalmente e lascia che la pellicola sia abbondante e fuoriesca dallo stampo, servirà per facilitare l’estrazione dello zuccotto gelato dallo stampo.
Metti il gelato all’interno dello stampo, un gusto alla volta, livellandolo bene io ho usato due gusti diversi, ma la scelta è tua. Chiudi con altra pellicola alimentare  e metti nel congelatore per alemo 8 ore.
Prima di servire (al massimo due ore) prepara la meringa.
Mescola i due tipi di zucchero, in modo da ottenere un unico mix.
In una ciotola metti gli albumi e inizia a sbattere con l’aiuto delle fruste elettriche o di una planetaria. Appena iniziano a diventare un po’ spumosi aggiungi il composto di zuccheri in tre fasi successive (un terzo alla volta) senza mai smettere di sbattere e utilizzando le fruste o il mix a velocità elevata.
L’obbiettivo è quello di ottenere una meringa soda e compatta, la prova ‘classica’ è verificare che la meringa rimanga attaccata alla ciotola quando questa viene inclinata… o addirittura capovolta!
Quando la meringa è pronta, trasferiscila in un sac à poche e mettila in frigo fino al momento di utilizzarla.

Poco prima di servire prepara l’Alaska.
Accendi il grill del forno a 200 gradi.
Ritaglia nella pasta biscuit un disco dello stesso perimetro dello stampo che hai utilizzato per il gelato.
Appoggia il disco di pasta su una teglia foderata di carta da forno.
Preleva il gelato dal congelatore ed estrai lo zuccotto dallo stampo aiutandoti con la pellicola che hai lasciato fuori.
Appoggia lo zuccotto gelato sulla base di pasta e ritagliala a misura se non fosse precisa.
Con l’aiuto di una spatola o del sac à poche rivesti completamente lo zuccotto con la meringa morbida e forma dei picchi di meringa con il dorso di un cucchiaio (serve solo a rendere il dolce più grazioso).
Metti l’Alaska in forno per solo 5 minuti, la meringa deve ‘scottarsi’ e colorire appena appena.
Termina la doratura della meringa fuori dal forno con una torcia da pasticcere e servi subito.


EASY: per una merenda ricca in giardino accompagnato da una tazza di thè nero, ad esempio un melange di fiori e frutti.

CHIC: è un po’ più laborioso ma per una cena puoi preparare dei piccoli Alaska monoporzione. Trovo che per un dessert dopocena sia perfetto utilizzare gelato al caffè (solo un gusto per le monoporzioni) e magari fare la pasta biscuit al cioccolato sostituendo 15 gr di farina con 15 gr di cacao amaro.


venerdì 25 agosto 2017

Pasta di Gragnano con melanzane e pomodori confit

Per alcuni il proprio blog è un lavoro o l’anticamera di un lavoro.
Per altri (come me) è una passione, un hobby, un modo per impiegare piacevolmente il tempo libero. Un gioco, che del gioco ha la vera essenza, ovvero citando un po' a memoria una frase letta qualche tempo fa su Flow Magazine, ‘un gioco è tale se consente di perdersi in quello che si sta facendo, dimenticare se stessi e il tempo che scorre’.
E quando per tanto tempo si smette di giocare e si resta distanti da qualcosa che piace moltissimo ... un motivo c’è.
Qualche è volta non è un vero motivo: è solo mancanza di tempo, perché la vita di ogni giorno corre velocissima e piena di impegni e può capitare che le cose da fare siano talmente tante da togliere il tempo per tutto, per il riposo, il relax, per cucinare e cenare in compagnia, per invitare gli amici e divertirsi sperimentando e fotografando ricette nuove.
Oppure a volte si resta lontani da cose piacevoli perché succede qualcosa, qualcosa di bellissimo. Una nascita, un matrimonio, un cambio di vita: si lascia una casa di città confortevole ma immersa nel caos e dotata solo di un piccolo balcone, in favore di una casa di campagna grande con un ricco giardino pieno di fiori profumati e qualche coraggioso albero da frutta. Ancora tutta da sistemare e per qualche mese si vive circondati dal disordine assoluto, incapaci anche di sapere dove si comprerà il latte per la colazione. Oppure perché, quando ormai avevi perso ogni speranza, arriva davvero il lavoro dei sogni, quello in cui non credevi più .. e ci butti l’anima perché proprio non vuoi rischiare di perderlo, non resta tempo per niente altro. Insomma si resta assenti da ciò che diverte per intraprendere un nuovo straordinario percorso di vita.
Può succedere, invece che ciò che allontana dalla ‘vita normale’ e dalla voglia di giocare sia qualcosa che si perde, si rompono alcune certezze, c’è qualcosa che scompare per sempre e sai che non tornerà mai più. Ci sono nuovi equilibri da trovare e anche in questo caso una vita da ricominciare dall’inizio.
Sia un sogno che si realizza che un sogno che si infrange in un miliardo di pezzi minuscoli che non si potranno mai più rincollare insieme spostano la vita su binari diversi, la cambiano, poco, tanto o tantissimo che sia. E ci vuole tempo poi per tornare alla normalità. Anche a riprendere le cose che sono solo un passatempo piacevole e un gioco, appunto: come cucinare, fotografare e scrivere.



PASTA DI GRAGNANO CON MELANZANE E POMODORI CONFIT



Ingredienti per 4 persone :


320 gr di pasta di Gragnano (o altra pasta di semola, nel formato preferito)
1 melanzana
200 gr di pomodori confit (ricetta qui)
50 gr di primo sale di pecora
basilico fresco
sale grosso
olio extravergine di oliva



Lava, pulisci e taglia la melanzana (io lascio la buccia), in modo da ottenere dei cubetti di circa un cm di lato.
Mettili in una terrina e condiscili con un pizzico di sale grosso e qualche cucchiaio di olio extra vergine di oliva.
Lascia riposare i cubetti di melanzana per circa 20 minuti.
Scalda una padella antiaderente (o un wok) e metti all’interno i cubetti di melanzane.
Falli cuocere girando spesso, in modo che non si attacchino, se cominciano ad attaccarsi al fondo, bagna con qualche cucchiaio di acqua calda.
Quando le melanzane sono quasi pronte (devono essere tenere e con un bel colore brunito) metti a bollire l’acqua nella quale cuocerai la pasta.
Quando l’acqua bolle, aggiungi il sale e butta la pasta.
In un mixer metti i pomodori confit, lasciandone da parte alcuni per rifinire il piatto alla fine.
Aggiungi nel mixer qualche cucchiaio dell’acqua di cottura della pasta e frulla i pomodori, in modo da ottenere una salsina cremosa.
Quando la pasta è quasi pronta (devi scolarla un po’ più al dente di come intendi mangiarla), scolala, conservando un po’ dell’acqua di cottura e trasferiscila nella padella dove hai cotto le melanzane.
Porta a cottura la pasta aggiungendo la salsa di pomodori e qualche cucchiaio dell’acqua di cottura tenuta da parte.
All’ultimo momento aggiungi le melanzane e fuori dal fuoco il formaggio primo sale grattugiato in scaglie e i pomodori confit tenuti da parte.
Servi con basilico fresco e, se piace, un filo di olio extra vergine di oliva.


EASY: si può mangiare anche fredda. In questo caso scola la pasta e lasciala raffreddare. Al momento di servire aggiungi il pomodoro, le melanzane a cubetti, il formaggio e una dose generosa di olio extravergine di oliva. Per un pranzo veloce puoi completare il menu con frutta caramellata accompagnata da gelato.


CHIC: per una cena in terrazza di fine estate: servila in piccole porzioni all’interno di cestini di pasta sfoglia e sostituisci il primo sale di capra con scamorza affumicata.


domenica 14 maggio 2017

Fragole con meringa morbida per la festa della mamma

Quando ero piccola ‘investivo’ la mia paghetta mensile nell’acquisto di un numero speciale dei classici di Topolino. Abitavo a Firenze e c’era un vecchio giornalaio non troppo distante da casa che li aveva proprio tutti, anche quelli usciti quando io non ero ancora nata. Ogni mese mi sedevo di fronte allo scaffale dove li teneva in bell’ordine e ne acquistavo uno. Lo leggevo avidamente in poche ore appena arrivata a casa, cercando di non rovinare le pagine e di non spiegazzarlo troppo. Negli anni ho scelto altre letture, ma mi è rimasta l’abitudine di aspettare la fine del mese, acquistare la rivista favorita del momento e sfogliarla in pace da qualche parte. Le mie preferite adesso sono il magazine di Donna Hay e la rivista Elle. La rivista di Donna Hay la compro a Milano, perché qui a Torino non riesco a trovarla. Me la tiene da parte un giornalaio vicino al posto dove lavoro, resisto alla tentazione di sfogliarla in treno tornando a casa e aspetto di avere un pomeriggio più tranquillo per andare alla mia sala da tè preferita: mi siedo su uno dei divanetti, ordino un tè che arriva accompagnato da un piattino con qualche biscotto di frolla e mi dedico alla lettura.
Non sono una appassionata di moda e riviste del genere ma una delle ragioni per cui continuo a comprare Elle è l’editoriale del suo Direttore. E’ una sola pagina, poche righe scritte con il cuore che valgono decisamente l’acquisto e che conservo in uno speciale quaderno dei ritagli, per rileggerli ogni tanto. Ce n’è uno che mi piace moltissimo, dedicato alla sua mamma, di cui copio qui qualche passo, per dedicarlo alla mia di mamma che è una persona speciale come quella descritta qui:
Lo scettro del comando lo detiene saldamente lei, mia mamma nonna di cinque nipoti, capoclan. Lei ha sempre ragione. […]. Le nonne sanno tutto. Hanno visto molto, studiato a memoria poesie in rima, incipit dell’Iliade e leggi della fisica, non hanno mai delegato numeri e parole a un hard disk e non si sono mai fidate di un “search” su Google. E oggi si ricordano le Guerre Puniche e di Indipendenza, i fiumi più lunghi, i movimenti letterari e quelli pittorici, la geometria dei corpi solidi e la chimica delle particelle. Le nonne sanno fare tutto. Posseggono quella manualità innata e quella fiducia nelle proprie capacità pratiche che io attribuisco a epoche più frugali e meno digitali delle nostre. […] Le nonne invecchiano con eleganza perché non hanno mai pensato che i cinquanta fossero i nuovi trenta […].” (Danda Santini)
Mia mamma è così. Ha studiato latino e greco molti anni prima di me e se li ricorda decisamente meglio di me. Ha chiuso la sua laurea nel cassetto senza nessuna frustrazione ed ha dedicato a me e a mia sorella ogni minuto della sua giornata da quando siamo nate. E’ elegante e sempre perfetta e nessuno sospetterebbe che è un elettricista e un idraulico .. di qualità. Smonta e rimonta qualsiasi cosa, zappa il giardino, consulta le ricette di cucina sul tablet (io affogo nei ritagli) ed è capace di fare collegamenti tra Pc e Tv che io nemmeno me li sogno. Qualche anno fa per Natale ha ricevuto una cassetta degli attrezzi ‘professionale’ e credo che lo consideri uno dei regali più belli che le abbiamo fatto. Ha un e-book dal quale non si separa mai ma adora le vecchie porcellane, i mobili antichi e si rifiuta di accettare che il sushi possa essere una delle prelibatezze del momento. Così come non considera una buona idea che le ‘ragazze’ possano ad un certo punto cambiare colore di capelli e trasformare i loro capelli neri in castani mesciati di biondo (vero mamma??).
A lei è dedicato questo dolce di oggi, tanti auguri mamma! La dedica è naturalmente anche per il mio papà, è un tipo straordinario anche lui, un po’ l’intellettuale pensatore della famiglia.

P.S. Qualche difettuccio lo ha anche la mia mamma. Adora l’ordine e in uno dei suoi frequenti repulisti ha buttato via tutta la mia collezione di Topolini faticosamente messa insieme paghetta dopo paghetta. E’ stato un errore d’accordo, ma intanto l’ha fatto. Non l’ho ancora perdonata.

La ricetta è copiata da un dolce di Csaba della Zorza, che lo prepara in una versione più autunnale – ottima - con le mele e il frutto della passione.

FRAGOLE CON MERINGA MORBIDA



Ingredienti per persone:
Per la meringa:
2 albumi
lo stesso peso degli albumi (45 gr circa) di zucchero a velo
lo stesso peso degli albumi (45 gr circa) di zucchero semolato fine, tipo Zefiro

400 gr di fragole
2 cucchiai di zucchero di canna
4 cucchiai di succo di limone
zucchero a velo per servire


Lava le fragole ancora con il picciolo verde, poi elimina il picciolo.
Tagliale a metà se non sono molto grandi, altrimenti in quattro parti e mettile in una casseruola con lo zucchero di canna e il succo di limone.
Falle cuocere a fiamma bassa fino a quando cominceranno a disfarsi.
Non devono disfarsi completamente, solo ammorbidirsi, quindi toglile dal fuoco appena sono pronte e lasciale raffreddare.
Prepara la meringa.
Mescola i due tipi di zucchero, in modo da ottenere un unico mix.
In una ciotola metti gli albumi e inizia a sbattere con l’aiuto delle fruste elettriche o di una planetaria. Appena iniziano a diventare un po’ spumosi aggiungi il composto di zuccheri in tre fasi successive (un terzo alla volta) senza mai smettere di sbattere e utilizzando le fruste o il mix a velocità elevata.
L’obbiettivo è quello di ottenere una meringa soda e compatta, la prova ‘classica’ è verificare che la meringa rimanga attaccata alla ciotola quando questa viene inclinata… o addirittura capovolta!
Quando la meringa è pronta, trasferiscila in un sac à poche e mettila in frigo fino al momento di utilizzarla.
Accendi il grill del forno a 200 gradi.
Quando le fragole sono completamente raffreddate, distribuiscile in quattro coppette o pirofile monoporzione che possano andare in forno.
Con la meringa fai una cupoletta su ogni ciotolina di fragole in modo da ricoprire completamente.
Disponi le coppette su una teglia e mettile in forno sotto il grill, fino a quando la meringa comincia a diventare dorata (circa 10 minuti).
Servile appena sfornate cosparse di zucchero a velo.

EASY: per una festa di compleanno o una merenda di fine scuola in terrazza.




CHIC: per una cena di inizio estate a buffet, preparale utilizzando frutta diversa alcune con le fragole, altre con pesche oppure albicocche utilizzando come contenitore tazzine da caffè tutte diverse (purchè possano andare in forno), risolvono in una sola portata il problema di servire frutta e dolce. Per riconoscerle spolverizzate la meringa sulle albicocche con il cacao, quella con le pesche con un pizzico di cannella, le fragole con lo zucchero a velo.

lunedì 8 maggio 2017

Farinata di ceci

Qualche giorno fa ero con una mia amica, seduta alle panchine di un giardino vicino a casa. Lei ha due bambine piccole, 5 e 7 anni, loro dondolavano sull’altalena, noi con maglione pesante a collo alto e un piumino sottile le sorvegliavamo da lontano. In questa ‘primavera autunnale’ non è possibile adottare un abbigliamento più leggero, non si può rinunciare a calze di lana, scarpe chiuse e giubbotti impermeabili. Gli occhiali da sole servono solo per brevi momenti ed è utile avere un paio di guanti di lana (sottili, d’accordo ma sempre di lana) in borsa.
La mia amica è uno spirito romantico, di quelle che hanno sempre un po’ la testa tra le nuvole e da ragazza credeva nel mondo perfetto. Chiacchieravamo guardando le bambine dondolarsi, senza nemmeno concentrarsi molto sulle parole ma lasciandole cadere nel vento che in questi giorni non si ferma mai. Mi diceva che vorrebbe che le bambine non assomigliassero a lei, ma fossero più concrete e decise nei confronti della vita. Lei si coccola con i ricordi di quando era piccola e ha la testa piena di sogni più o meno realizzabili, in sostanza non vive mai nel presente, è sempre sospesa tra passato e futuro. Io lì per lì le ho dato ragione, in fondo non sono molto diversa da lei e capisco che a volte siamo lontane dalla realtà, col rischio di non capire dove stiamo andando. Poi ci ho ripensato, comunque vadano le cose non potrei mai rinunciare ai miei sogni piccoli e grandi, sono convinta che i sogni e i progetti (a volte irrealizzabili) siano parte di me e per qualche strana alchimia rendano la vita più bella. Smettere di sognare vuol dire diventare improvvisamente vecchi, anche a 20 anni. Quindi auguro alle sue bambine di avere sogni grandi e grandi progetti, che diano un senso alla loro vita perché senza sogni… non si va da nessuna parte.

Come dicevo, dato il tempo che fa qui, la farinata è ancora un piatto molto gradito. Ci sono tantissimi modi di farla, modificando le proporzioni tra acqua e farina. Questa è la mia ricetta, a me piace non troppo sottile, poco unta e dalla consistenza un po’ morbida. Se la preferite più croccante aumentate l’acqua (anche fino a 4 volte la quantità di farina) e fatela più sottile. Qualunque sia la proporzione tra acqua e farina è molto importante far riposare a lungo la pastella, almeno 3/ 4 ore. Quando la faccio per pranzo la domenica la preparo la mattina prestissimo (intorno alle 7) e la cuocio all’una subito prima di andare a tavola,
In genere la farinata si gusta con una generosa quantità di pepe nero macinato al momento. Io non amo molto il pepe e lo sostituisco con sale nero, per mantenere lo stesso ‘effetto colore’.
E’ molto buona servita caldissima con una piccola burrata sopra o per una versione più light qualche fetta di primo sale. 



FARINATA DI CECI



Ingredienti per una teglia diametro 28 cm:

200 gr di farina di ceci
400 gr di acqua
2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
Sale

Per servire:
sale nero macinato al momento
burrata o primo sale (ma anche lardo di Colonnata)


Metti la farina di ceci in una ciotola e versa sopra lentamente tutta l’acqua, mescolando continuamente.
Fai attenzione a non formare grumi; in ogni caso, lasciando riposare la pasta e mescolando spesso, i grumi poco a poco spariscono da soli (sembra incredibile ma è così).
Lascia riposare la pastella per almeno 3 / 4 ore, mescolando ogni tanto (almeno ogni 20 minuti) per ottenere alla fine una pastella densa e vellutata. In ogni caso più riposa, meglio è.
E’ un piatto da fare nelle domeniche di pioggia, quando si trascorre la mattinata in casa in modo da avere il tempo di .. seguirla un po’.
Trascorso il tempo di riposo della pastella accendi il forno a 200.
Aggiungi alla pastella l’olio extra vergine di oliva, un cucchiaino di sale fino e amalgama bene.
Io non ho la teglia in rame necessaria per la farinata, ne uso una di acciaio foderata di carta da forno, ammetto che non sia la stessa cosa, se la teglia è di rame, la farinata è certo più autentica.
Versa la pastella nella teglia eventualmente foderata di carta da forno e cuoci in forno già caldo per 30 minuti. Con questa dose e una teglia di 28 cm di diametro si ottiene una farinata piuttosto spessa, se piace più sottile, si possono fare due teglie da 18 cm.
La farinata è pronta quando la superficie è di colore dorato e lievemente scura ai bordi.
Servi calda, tagliata a fette con sale nero (o pepe) macinato al momento. Si accompagna molto bene con burrata o lardo di Colonnata.


EASY: per un pranzo leggero di domenica, servita molto calda con una burrata e un’insalatina fresca.

CHIC: preparala come antipasto per una cena tra amici, servila tagliata a piccoli spicchi e metti in tavola ciotoline con fette di lardo di Colonnata, fettine di primosale, patè di olive e una buona qualità di olio extravergine di oliva, in modo che ognuno possa scegliere il condimento che preferisce, anche solo olio e pepe.


domenica 30 aprile 2017

Riso al forno con asparagi

In molte riviste e libri di cucina stranieri questo modo di cuocere il riso – in forno, completamente ricoperto di brodo – è etichettato come ‘baked risotto’; la versione base di Donna Hay è una delle mie preferite. Io non me la sono sentita di chiamarlo risotto in quanto il risultato finale non ha la consistenza cremosa e vellutata di un vero risotto. Il riso resta più croccante, ‘schiccato’ e meno amalgamato alla verdura che si è deciso di utilizzare. E’ comunque – a mio parere - molto buono, saporito e gustoso, una versione forse meno comfort food ma più primaverile e fresca del vero risotto. E poi è molto comodo da fare perché non richiede di essere seguito come un vero risotto, si fa tostare il riso in una pentola come per un normale risotto (in genere il baked risotto non prevede questo passaggio ma io lo faccio sempre) poi si trasferisce in una teglia che possa andare in forno, si uniscono le verdure che si è scelto di utilizzare, si copre di brodo e si lascia lì 40 minuti. Finito. Nel frattempo ci si può dedicare ad altro.
Molto comodo per un invito improvvisato a cena. Quando un’amica che è venuta per fare due chiacchiere nel tardo pomeriggio, decide di fermarsi anche a cena. Si va in cucina e si continua a chiacchierare, mentre si spalmano dei crostini per l’aperitivo (improvvisati anche quelli con il philadelphia e qualche erbetta) il riso si prepara praticamente da solo. Si parla di tutto, erano secoli che non ci vedevamo e interrompere i racconti per preparare una cena vera sarebbe davvero un peccato, si continua a sorseggiare il tè, ma chi vuole può scegliere un calice di prosecco bello freddo. Decidiamo di mangiare in cucina e si apparecchia molto semplicemente, due runner ma uno dei miei serviti di piatti preferiti. Mi ha portato cinque peonie dal suo giardino e le sistemiamo in una caraffa di vetro al centro del tavolo. Ad una riunione così mancava solo mia sorella che però abita a circa 600 km da qui e certo non poteva raggiungerci. Ma, magia di skype, in qualche modo ha partecipato anche lei per un po’ alla nostra chiacchierata.

RISO AL FORNO CON ASPARAGI



Ingredienti per 4 persone :

320 gr di riso Carnaroli
750 gr di asparagi
1 cipolla di Tropea piccola
100 ml di vino bianco secco
500 ml di brodo vegetale
100 gr di parmigiano grattugiato
olio extra vergine di oliva
sale


Per prima cosa prepara gli asparagi.
Elimina la parte finale del gambo, quella più legnosa.
Taglia le punte e mettile da parte, poi pela i gambi in modo da eliminare la parte più fibrosa.
Metti i gambi degli asparagi in una pentola di acqua fredda leggermente salata e lasciali cuocere per 10 minuti da quando inizieranno a bollire. Poi scolali, tagliali a pezzetti e uniscili alle punte lasciate da parte.
Accendi il forno a 180 gradi.
Affetta la cipolla sottilmente e falla soffriggere in una casseruola a fiamma moderata con 2 cucchiai d'olio extra vergine di oliva e due cucchiai di acqua.
Aggiungi il riso nella casseruola con la cipolla e lascialo tostare qualche minuto.
Versa nella casseruola il vino bianco e lascia evaporare.
A questo punto aggiungi gli asparagi, punte e gambi, mescola per amalgamarli al riso e lascia insaporire un minuto.
Trasferisci il tutto in una pirofila da forno, copri con il brodo bollente, copri la pirofila con un foglio di carta di alluminio e metti in forno già caldo per 40 minuti.
Trascorsi i primi 25 minuti, controlla la cottura, elimina il foglio di alluminio, assaggia di sale (il brodo che faccio io non è molto saporito, quindi aggiusto di sale se necessario) e lascia cuocere scoperto gli ultimi 15 minuti.
Terminata la cottura togli la pirofila dal forno, aggiungi il parmigiano e amalgama bene. Servi il riso subito.
Se preferisci che gli asparagi rimangano più croccanti, tieni separati fin dall’inizio gambi e punte. Aggiungi nella pirofila subito solo i gambi, le punte le metterai nel riso solo negli ultimi 15 minuti di cottura, magari dopo un rapido passaggio in padella con un filo di olio per dare più gusto.



EASY: diventa un piatto unico per una cena infrasettimanale se servito accompagnato da uno spiedino di gamberoni cotti rapidamente alla griglia e spennellati con olio extra vergine di oliva aromatizzato con un rametto di maggiorana fresca.


CHIC: in genere il risotto non è considerato un ‘piatto da invito’ perché non può essere abbandonato sul fuoco, preparato così, invece, può diventare il primo piatto di una ‘cena con invitati’. Si può servire anche ad una cena a buffet, in piccole ciotoline, portato caldo dalla cucina appena è pronto e accompagnato da una cremolata di parmigiano e zeste di limone.




domenica 2 aprile 2017

Tarte au citron meringué

Da quando abitiamo a Torino fare una gita oltre confine in Francia non è poi così difficile. In auto si fa prima ad arrivare in Provenza o nel Luberon che a Roma. Così ogni tanto, approfittando di un fine settimana lungo o di un ponte ci regaliamo un giro nella campagna francese. Evitiamo con cura la Costa Azzurra e procediamo verso le dolci colline francesi, punteggiate di piccoli mas in pietra con le persiane color pastello e illuminate da un cielo di un azzurro speciale. Gli obbiettivi di queste piccole gite sono sempre gli stessi: passeggiare nel verde respirando aria pulita e profumata – Torino è davvero tanto inquinata alla fine dell’inverno, scoprire qualche oggetto vecchio nei mercatini di bric à brac da portare a casa come souvenir, fare tante foto e trovare un posto carino per la cena. Di solito al pranzo non dedichiamo mai troppo tempo, spesso acquistiamo una baguette croccante un sacchetto di olive e formaggio fresco da spalmare sul pane, cercando di non fare troppi pasticci. Ma la cena fatta ‘come si deve’ è parte integrante della vacanza.
Una delle cose che mi stupisce sempre è quanta attenzione dedichino i francesi a fare in modo che mangiare sia un vero piacere anche per gli occhi. Non sono un'appassionata di cucina francese, a mio modestissimo parere il cibo italiano, quando è fatto bene è decisamente migliore, ma in una cosa ritengo i francesi insuperabili: nel modo assolutamente affascinante e curato con cui sanno sistemare la tavola e presentare i loro piatti. Anche nel più piccolo locale sperduto nella campagna si trovano tavole apparecchiate con grazia: magari senza tovaglia, con semplici stoviglie di coccio, ma i bicchieri – ad esempio – non sono mai messi a caso, ma scelti in un colore a contrasto con le stoviglie oppure ci sono fiori freschi in tavola o rametti di erbe profumate legate da un filo di rafia e appoggiate con disinvoltura sui tovaglioli, perfettamente piegati e appoggiati alla sinistra del piatto. Il menu, se previsto è scarabocchiato con il gesso su una lavagna appesa alle pareti, più spesso è recitato a memoria dal cameriere che viene a prendere le ordinazioni. In genere solo pochi piatti, rigorosamente preparati con prodotti del territorio: qualche antipasto, due o tre piatti principali a base di carne o pollo e l’immancabile dessert. I piatti arrivano in tavola sempre ben curati, mi colpisce ogni volta l’attenzione che i francesi dedicano ai particolari, si ha l’impressione che anche nelle cucine di questi piccoli locali a gestione familiare – paragonabili alle nostre trattorie di campagna – ci siano chefs che hanno studiato a Parigi, invece che semplici cuoche di campagna. Le verdure sempre tagliate in pezzi regolari e tutti uguali, se ordinate una vellutata sarà guarnita con un ricciolo di crème fraiche perfettamente riuscito…insomma sono proprio bravi. E danno il meglio nei dessert, per i quali mi sembra perfetta la definizione presa a prestito dagli inglesi di ‘decadent dessert’, in poche parole… irresistibili. La lingua francese sembra fatta apposta per rendere goloso il nome dei dolci ‘molleux au chocolat’ è molto più attraente di ‘morbido al cioccolato’, ‘tarte aux fraises’ suona più croccante e zuccherino di crostata alla fragole e così via. Qualunque cosa ordiniate vi arriverà un piccolo gioiello, da fotografare prima di mangiarlo. Uno dei miei dessert preferiti è questa tarte au citron, in genere la pasta è una brisée leggerissima che scrocchia quando si rompe con il cucchiaino, la crema ha il gusto pungente del limone vero, non dell’essenza di limone e il ciuffo di meringa è talmente perfetto che è quasi un peccato romperlo.

La mia versione di questa torta è fatta con una frolla sottile perché non ho una buona ricetta per fare la pasta brisée, mi viene sempre insipida. Per la crema preferisco usare succo di limone, invece dell’essenza che – mi sembra - dà alla crema un aroma eccessivo e un po’ artificiale, ma qui dipende dai gusti.
Questa tarte è dedicata alla mia amica, quella che abbiamo soprannominato ‘la Principessa’: venerdì 31 era il suo compleanno.



TARTE AU CITRON MERINGUE


Ingredienti per 4 crostatine (diametro degli stampi 8 cm circa):


Per la base di pasta frolla:
90 gr di farina 00
40 gr di burro freddo
40 gr di zucchero a velo non vanigliato
1 tuorlo d’uovo
1 pizzico di zenzero in polvere (pochissimo, la punta di un cucchiaino)


Per la crema al limone:
300 ml di latte intero
2 tuorli d'uovo
100 gr di zucchero semolato fine tipo Zefiro
30 gr di farina ‘00’
1 limone bio (succo e buccia)


Per la meringa:
1 albume
lo stesso peso dell’albume (20 gr circa) di zucchero a velo
lo stesso peso dell’albume (20 gr circa) di zucchero semolato fine, tipo Zefiro

Prepara per prima la pasta.
In una ciotola mescola con un cucchiaio di legno lo zucchero a velo e il burro a pezzetti.
Appena il composto è amalgamato, aggiungi il tuorlo e per ultima la farina setacciata e impasta fino a quando tutti gli ingredienti sono ben amalgamati, ma senza scaldare troppo la pasta con le mani.
Togli l’impasto dalla ciotola, forma una palla, avvolgila nella pellicola e lascia riposare in frigorifero per due ore.
Mentre la pasta riposa prepara la crema.
Metti a scaldare il latte in una casseruola con la scorza del limone, lavata e asciugata e tagliata grossolanamente facendo attenzione non asportare la parte bianca.
Togli dal fuoco prima che inizi a bollire e lascia intiepidire il latte.
Utilizzando una forchetta, sbatti i tuorli con lo zucchero.
Quando il composto è spumoso, unisci la farina setacciata. Amalgama con una frusta. Filtra il latte per eliminare la buccia di limone e aggiungilo a filo al composto di uova, facendo attenzione e non formare grumi.
Versa di nuovo tutto nella pentola e metti sul fuoco a fiamma dolce continuando a mescolare con la frusta, fino a quando la crema comincia ad addensarsi (non deve essere troppo compatta).
Fuori dal fuoco aggiungi 5 o 6 cucchiai di succo di limone (assaggia e regola secondo il tuo gusto), lascia intiepidire la crema e copri con pellicola a contatto, fino al momento di utilizzarla. Appena fredda puoi metterla a riposare in frigorifero.
Prepara la meringa.
Mescola i due tipi di zucchero, in modo da ottenere un unico mix.
In una ciotola metti l’albume  e inizia a sbattere con l’aiuto delle fruste elettriche o di una planetaria. Appena l’albume inizia a diventare un po’ spumoso aggiungi il composto di zuccheri in tre fasi successive (un terzo alla volta) senza mai smettere di sbattere e utilizzando le fruste o il mix a velocità elevata.
L’obbiettivo è quello di ottenere una meringa soda e compatta, la prova ‘classica’ è verificare che la meringa rimanga attaccata alla ciotola quando questa viene inclinata… o addirittura capovolta!
Quando la meringa è pronta, trasferiscila in un sac à poche e mettila in frigo fino al momento di utilizzarla.
Trascorso il tempo di riposo della pasta, accendi il forno a 160 gradi.
Stendi la pasta tra due fogli di carta da forno e rivesti 4 stampini monoporzione (i miei hanno diametro cm 8).
Bucherella il fondo di pasta con una forchetta e fai cuocere in forno i gusci di pasta per 20 minuti, sfornali e lasciali raffreddare (non toglierli subito dagli stampini perché rischiano di rompersi).
Poco prima di servire, accendi il grill del forno a 200 gradi.
Riempi i gusci di pasta ormai freddi con una dose generosa di crema al limone, completa ogni crostatina con un ciuffo di meringa e passalo sotto il grill per 10 minuti o fino a quando la meringa comincia a prendere un bel colore dorato.
In alternativa all’uso del grill, puoi brunire la meringa con una torcia da pasticcere, quelle che si usano per caramellare lo zucchero.
Servi tiepide o a temperatura ambiente.






EASY: mi piacciono molto servite come dessert per il pranzo di Pasqua, accompagnate da un bel pezzo di cioccolato fondente che proviene dalla apertura dell’uovo di Pasqua.


CHIC: uno dei miei pasticceri torinesi preferiti le fa piccole come friandises, sono un’idea carina per il tè del pomeriggio di pasquetta, se piove e si è costretti a stare in casa (e per qualsiasi altro pomeriggio di tè in primavera).


lunedì 20 marzo 2017

Minestra di orzo rape e radicchio

Ci sono vacanze che restano nel cuore… anche se qualcosa è andato storto, riescono a rimanere nei ricordi come momenti di particolare magia. Qualche anno fa a fine agosto abbiamo deciso di trascorrere l’ultimo scampolo di ferie – meno di una settimana – in montagna. Certo la scelta di andare in montagna a fine agosto è un po’ a rischio pioggia e freddo, ma siamo partiti ugualmente. Avevamo scelto un albergo particolarmente confortevole, ai margini di un bellissimo bosco e piuttosto distante dai centri abitati. Per gustare silenzio e pace prima di ricominciare con la solita vita di treno-ufficio-riunioni-treno. Avevamo scelto l’albergo su internet e per quanto lo avessimo immaginato grazioso, non ci aspettavamo che lo fosse così tanto: curatissimo, con la facciata bianca illuminata da decine di vasi di fiori viola e rossi, il tetto di legno spiovente, la camere spaziose e accoglienti e una colazione perfetta al mattino. Tutto intorno un prato verde brillante disseminato di panchine e tavoli di pietra sui quali la sera brillavano minuscole candele. Tutto quel verde a fine agosto .. ci doveva un po’ insospettire. Di fatto è piovuto tutti i giorni. Partivamo la mattina per la nostra passeggiata sotto un cielo grigio ferro e dopo due ore indossavamo di corsa le giacche da pioggia. Rientravamo in albergo nel primo pomeriggio infreddoliti, fradici e con gli scarponi incrostati di fango. Certo avremmo potuto rinunciare del tutto a passeggiare e trascorrere le giornate a leggere di fronte al camino, già acceso a fine agosto. Ma poichè siamo molto testardi, avevamo deciso che quella doveva essere una vacanza di trekking e così è stata. Abbiamo dovuto rinunciare a fare i sentieri che ci eravamo programmati e scegliere passeggiate meno impegnative, abbiamo preso tanto freddo e scattato foto orribili con una luce grigiastra che avvolgeva tutto. Eppure la ricordiamo come una vacanza speciale. Ogni pomeriggio alle 5 la signora che gestiva l’albergo serviva tè e cioccolata calda in un minuscolo salotto riscaldato da un grande camino, insieme al tè fette di torta fatte in casa – ottima una torta di mele di cui non ho mai scoperto la ricetta -, pasticcini mignon e biscotti. E visto che io sono una che ama le attese..  accettavo anche di passeggiare sotto l’acqua sapendo che al ritorno mi aspettava una merenda così piacevole e golosa. Dopo cena in questo stesso salottino era possibile trascorrere la serata a leggere ascoltando musica. Nelle poche ore senza pioggia potevamo prendere in affitto una bicicletta e arrivare al paese più vicino per curiosare nelle viette lastricate di pietra. La sera la cena era sempre ottima, servita puntualmente alle 19,30 (non più tardi) su tavole apparecchiate con tovaglie bianche, stoviglie beige e sempre un piccolo mazzo di fiori al centro. Ammetto di essere una appassionata di ‘apparecchiature curate’ e una tavola apparecchiata con gusto mi affascina sempre e mi fa sembrare quello che mangio ..ancora più buono – una piccola fissazione un po’ folle, lo so. Tra i miei primi piatti preferiti c’era una minestra di orzo, rape e radicchio. Non ho avuto il coraggio di chiederne la ricetta alla signora ed ho cercato di rifarla simile, forse quella originale ha nel soffritto iniziale anche un po’ di lardo o speck, perché il gusto finale è più corposo e intenso, io mi sono limitata ad una versione più leggera da fare ogni volta che si vuole. Anche adesso servita magari tiepida, nelle ultime serate un po’ fredde prima che la primavera arrivi del tutto.

MINESTRA DI ORZO RAPE E RADICCHIO



Ingredienti per 4 persone:
160 gr di orzo perlato
1 grossa rapa
1 cespo di radicchio rosso di Chioggia
1 carota
2 coste di sedano
1 piccola cipolla di tropea
1 litro di brodo vegetale
5 cucchiai di olio extra vergine di oliva e se piace un po’ da aggiungere a crudo prima di servire
Parmigiano grattato per servire

Metti l’orzo a bagno in una zuppiera e sciacqualo fino ad ottenere un’acqua limpida.
Sbuccia la carota e la cipolla e pulisci le coste di sedano togliendo i filamenti.
Lava queste verdure, affetta la cipolla sottile e trita sedano e carota in cubetti, a me piace farli non piccolissimi in modo da vederli e sentirli una volta cotti.
Metti in una pentola capiente (quella in cui cuocerai la minestra) le verdure del soffritto, 5 cucchiai di olio extravergine di oliva e fai insaporire a fiamma bassissima.
Nel frattempo sbuccia la rapa, lavala e tagliata a cubetti di circa 1 cm di lato.
Aggiungi i cubetti di rapa al soffritto, lascia insaporire qualche minuto e copri con il brodo bollente.
Appena la minestra comincia a bollire aggiungi l’orzo scolato dall’acqua, copri con un coperchio e lascia cuocere a forma bassa per 35 minuti.
Mentre la minestra cuoce, lava il radicchio, elimina le coste più dure e tampona le foglie con carta da cucina per eliminare l’umidità. Taglialo in striscette sottili.
Trascorso il tempo di cottura della minestra, aggiungi nella pentola il radicchio, mescola bene e lascia cuocere ancora 7/8 minuti, in modo che il radicchio si ammorbidisca un po’, ma senza cuocere davvero.
Aggiusta di sale se necessario, togli dal fuoco e servi con abbondante parmigiano e, se piace un filo di olio a crudo.


EASY: per un gusto più deciso: metti in una padella antiaderente qualche fetta di speck tagliata a dadini, fai abbrustolire fino a che diventa croccante e servi la minestra cosparsa questi dadini croccanti al posto del parmigiano.



CHIC: è una minestra un po’ rustica, per presentarla in modo più particolare puoi aggiungere sul piatto a fine cottura un ciuffo di radicchio tradivo cotto alla piastra e condito con un filo di olio sale e (se piace) pepe. Da accompagnare rigorosamente con un bicchiere di ottimo vino rosso e un dessert di mele e meringa. Per una cena a due, semplice ma che ricordi una vacanza speciale.



martedì 28 febbraio 2017

Tortelli di frolla e mele per Carnevale

Non ho mai amato le feste di Carnevale. Fin da bambina ero super timida e l’idea di vestirmi da maschera mi atterriva. Ho una ‘bellissima’ foto, avrò avuto forse 6 anni, io e mia sorella mascherate da Primavera con un vestito coloratissimo, svolazzante e pieno di fiori e farfalle, la sottogonna di tulle che lo rendeva un po’ da principessa e le maniche lunghe orlate di trina. Abbiamo entrambe in mano un panierino pieno di coriandoli, lei ride allegrissima io piango disperata. Questa era la mia visione del Carnevale da bambina.
Per quello che ricordo io, ho partecipato ad un’unica festa di Carnevale, a parte quelle ‘obbligatorie’ organizzate dalle maestre dell’asilo e poi della scuola. Quando facevo la terza media, la mia compagna di banco organizzò la festa del suo quattordicesimo compleanno proprio il giorno del sabato di Carnevale. Non so perché ci tenessimo così tanto a festeggiare i 14 anni, ma non potevo mancare. Ovviamente la festa era in maschera e ovviamente non erano ammesse partecipazioni .. in borghese. Così fui costretta a improvvisare qualcosa che non fosse troppo distante dal mio abbigliamento consueto, niente trucco paradossale, abiti coloratissimi e strani o cappellini di carta. Non avevo nemmeno una dose sufficiente di humor per scegliere una maschera ‘maschile’, che so, cow boy o cose del genere. Decisi di vestirmi da ballerina forse o da piccola principessa, non ricordo che titolo avessi dato alla mia maschera. Avevo un maglioncino di angora bianco (che portavo regolarmente sui jeans perché all’epoca vivevo in jeans) ed ero riuscita a procurarmi non so dove una sottana di tulle azzurro pallido lunga ben oltre il ginocchio. Avevo scelto un paio di ballerine di pelle lucida celeste cielo che avevano un piccolo pon pon argentato sulla punta e mia mamma con grande pazienza mi aveva applicato sul tulle della sottana una quantità di stelle argentate. A pensarci ora era una maschera davvero graziosa. Di quella festa ricordo solo tre cose: che i genitori della mia amica avevano trasformato il giardino della loro casa in un bosco di rificolone (le lanterne di carta coloratissime che fanno parte della tradizione fiorentina), sembrava una foresta incantata, che fino all’ora di cena quando i miei genitori vennero a prendermi rimasi seduta a mangiare noccioline in una poltroncina vicino al camino acceso perché avevo freddo, che appena arrivata a casa mi sentii male, forse a causa delle troppe noccioline o dell’influenza. Quella è stata la mia prima e ultima festa di Carnevale (anche se mai dire mai nella vita, ma non è il mio genere). Questo non significa che non mi piaccia il Carnevale, ogni martedì grasso a casa nostra si cena con un antipasto leggero, un piatto di verdure e una quantità di dolci che per due è davvero esagerata. Non possono mancare i cenci fritti, piccoli bomboloni ripieni di marmellata e da qualche anno ho inserito nei miei dolci tradizionali questi tortelli di frolla ripieni di mele, li ho sperimentati variando il ripieno, ma questa versione è quella che preferisco.




TORTELLI DI FROLLA E MELE




Ingredienti per 10 tortelli (il numero dipende dal diametro dello stampino utilizzato, il mio è 5 cm):

Per la frolla:

80 gr di burro
80 gr di zucchero a velo
2 tuorli di uovo
200 gr di farina ‘00’
1 pizzico di zenzero in polvere

Per il ripieno:
1 mela renetta
1 limone bio
1 cucchiaino di caffè di cacao amaro in polvere
1 pizzico (generoso) di cannella
15 mandorle private della buccia

In una terrina mescola il burro a temperatura ambiente con lo zucchero a velo e lo zenzero.
Appena il composto si amalgama aggiungi i tuorli d’uovo. Mescola rapidamente e inserisci la farina setacciandola sul composto, poco alla volta. Aggiungi farina fino a quando la pasta è lavorabile con le mani (potrebbero bastare 180 gr, dipende dalla grandezza delle uova).
Trasferisci l’impasto su un piano infarinato e impasta rapidamente formando un panetto.
Avvolgilo nella pellicola e metti a riposare in frigorifero per almeno 2 ore.
Mentre la pasta riposa in frigorifero prepara il ripieno.
Lava e sbuccia la mela, tagliando ogni spicchio in cubetti piuttosto piccoli (altrimenti sarà difficile chiudere i tortelli se la mela è affettata troppo grande).
Metti i cubetti di mela in una terrina, aggiungi la buccia del limone grattugiata, un cucchiaio o due di succo di limone per non fare annerire la frutta e il cacao amaro. Amalgama tutto e metti a riposare in frigo.
Tosta le mandorle in una padellina antiaderente per qualche minuto, in modo che diventino un poco abbrustolite e croccanti. Quando sono tiepide tagliale grossolanamente.

Trascorso il tempo di riposo della pasta, accendi il forno a 160 gradi.
Stendi la pasta su un piano infarinato in una sfoglia abbastanza sottile.
Usando un tagliapasta (io di solito li faccio rotondi, ma sono molto belli anche rettangolari) ricava 20 cerchi di pasta.
Aggiungi le mandorle alle mele e metti un cucchiaino di questo composto su metà dei cerchi preparati (se il composto di mele avanza, puoi farlo cuocere rapidamente in una pentolina e servire a parte con del gelato). Sovrapponi a ciascuno dei cerchi con il ripieno un altro disco di pasta in modo da chiudere i tortelli, sigilla bene con le mani e metti i tortelli in una teglia foderata di carta da forno.
Fai cuocere in forno già caldo per 20 minuti o fino a quando i tortelli avranno un colore dorato.
Servili tiepidi o freddi (non caldi) spolverati di tanto zucchero a velo.
Si conservano solo un giorno in una scatola di latta per biscotti.

EASY: da preparare per una festa di Carnevale tra bambini, un po’ più leggeri dei soliti dolci fritti (che però sono buonissimi!).



CHIC: da servire con il tè e pochissima panna appena montata anche alle mamme dei piccoli invitati e alle amiche di sempre.


domenica 19 febbraio 2017

Composta di frutta cotta e melagrana

Hygge. Da qualche mese questa parola si legge un po’ ovunque: sui blog (di lifestyle, cucina, arredamento e design…), sulle riviste e sui quotidiani, sugli scaffali delle librerie, in cui compaiono di continuo nuovi libri dedicati all’hygge. Hygge, lo dicono tutti lo ripeto anche io è una parola danese difficile da tradurre – a me viene in mente coziness, ma forse non è la stessa cosa – indica una filosofia di vita che spiega perché i danesi sono uno dei popoli più felici della terra – almeno secondo le statistiche. Hygge è la capacità di apprezzare i piccoli piaceri lenti della vita, quelli legati alla sfera della famiglia, della casa, delle amicizie e trovare in questi una fonte di serenità. Tanto per fare qualche esempio: hygge è una cena ben apparecchiata con tante candele accese sulla tavola, hygge è una tazza di tè e un libro in un pomeriggio piovoso, hygge è fare due chiacchiere con un’amica con una fetta di torta e una tazza di cioccolata calda, un pic nic a due sulla riva di un fiume per festeggiare l’inizio della primavera, raccogliere conchiglie passeggiando sulla spiaggia in un pomeriggio ventoso di autunno. Per me hygge è anche impastare il pane o preparare un dolce profumato di vaniglia nel silenzio totale della mia cucina, cosa di cui – il silenzio – ho spesso immenso bisogno quando torno a casa.
Naturalmente un libro sull’hygge (anzi due) l’ho acquistato anche io perché ero curiosa. All’inizio mi sembrava un po’ ingenuo, ricco di immagini di tazze fumanti, plaid soffici dai colori tenui fotografati sui divani, camini accesi in stanze dalle cui finestre si intravedono giardini innevati. Ci sono indicazioni di cose da fare per sentirsi hygge in ogni stagione, addirittura ricette hygge, una specie di manuale della felicità a portata di tutti, in cui, pare, le parole più gettonate sono candele, camino e cioccolata. Poi ci ho pensato bene, al di là di questa apparente ingenuità, c’è davvero qualcosa da imparare. Per come la vedo io non esistono cose o situazioni hygge: di per sé una tazza di tè non è hygge, per quanto deliziosa sia la miscela scelta, hygge è riuscire a vivere quell’attimo del pomeriggio come un momento di pace totale da dedicare a se stessi o da condividere con mamma e sorella o con l’amica del cuore. Certo l’hygge non può essere una via per la felicità – sarebbe troppo facile – ma un suggerimento molto utile per non farsi sopraffare dai problemi della vita quotidiana, ogni tanto rallentare il ritmo, concedersi qualche piacere slow e sentirsi davvero soddisfatti nel farlo. A questa ricetta tutta danese di candele accese (per quanto io le adori!) aggiungerei qualcosa di più mediterraneo come un pizzico di ironia e di spensieratezza, ingredienti a mio parere indispensabili per affrontare la giornata con un po’ di leggerezza.
Naturalmente è hygge qualsiasi comfort food e divertirsi nel cucinarlo, magari in compagnia. Questa composta di frutta è ispirata ad una ricetta di Elle a Tavola che ho adattato ai nostri gusti. La ricetta originale utilizzava ‘frutta antica’ e un po’ di Marsala, niente zucchero. Io ho aggiunto gli alchechengi e le arance pelate al vivo Divertitevi a speziarla con gusti diversi, anice stellato, chiodi di garofano, cardamomo o cannella, da scegliere in base all’umore della giornata o mischiandoli tutti insieme. Trovo che sia molto buona servita tiepida come dessert a fine pasto. Con o senza candele accese.


COMPOSTA DI FRUTTA COTTA E MELAGRANA




Ingredienti per 4 persone:

2 mele renette
2 pere decana
4 arance
20 alchechengi (se piacciono e se li trovate)
2 cucchiaini da caffè di zucchero di canna
2 stecche di cannella
mezza melagrana

Spremi due delle arance e metti il succo filtrato in un pentolino con lo zucchero di canna e le stecche di cannella.
Lava gli alchechengi e privali delle foglie (è un peccato, lo so, sono bellissimi; al limite puoi tenerne qualcuno da non cuocere e aggiungere per la decorazione finale).
Lava e sbuccia le mele e le pere, privale del torsolo e taglia la polpa a pezzi (non troppo piccoli) di dimensioni simili, in modo che cuociano in maniera uniforme.
Sbuccia le altre due arance e pelale al vivo, eliminando tutte le parti bianche i semi e i filamenti. Taglia ogni spicchio in due parti.
Aggiungi tutta la frutta, tranne le arance, nella pentolina con il succo di arancia e fai cuocere coperto per 5 minuti a fuoco basso.
A questo punto aggiungi anche le arance e lascia cuocere a fuoco lento fin quando la frutta sarà tenera (circa 10/15 minuti).
Mentre la composta cuoce preleva i chicchi dalla mezza melagrana.
Quando la frutta è pronta, togli dal fuoco, lascia intiepidire e servila con i chicchi di melagrana.



EASY: mi piace prepararla per la colazione della domenica. Fatta la sera prima e servita tiepida. In questo caso sostituisco la melagrana con qualche prugna essiccata che faccio cuocere con il resto della frutta.




CHIC: servita come dessert a fine pasto, accompagnata da un cucchiaio di crema inglese aromatizzata con la scorza di un limone bio. Servite la frutta nelle coppette e lasciate la crema in una salsiera in modo che ognuno possa aggiungerla a suo gusto.


domenica 5 febbraio 2017

Cavolfiore gratinato con olive

E’ facile, basta guardare qui, poco più in basso a destra, per leggere che nel 2016 ho inserito su questo blog solo 24 ricette. Pochissime, davvero troppo poche, almeno rispetto a quanto mi piacerebbe fare. L’anno scorso ho avuto poco tempo da dedicare a questo piccolo hobby, presa in altre cose troppo impegnative e assai poco soddisfacenti. Questo non mi ha impedito di cucinare e di fare svariati esperimenti. Abbiamo gustato torte farcite con una soffice crema al cioccolato (ne ho fatte tante….dovevo trovare la formula giusta), nuovi biscotti con uno strano mix di farine, crackers e grissini fatti in casa, zuppe vellutate per cena e insalate preparate con frutta, verdura, formaggi e quadrotti di pane croccante. Ogni tanto abbiamo aperto una bottiglia di vino per brindare al fine settimana e pranzato qualche domenica con tagliatelle fatte in casa, spesse come piacciono a noi, condite con gli ingredienti di stagione: pomodorini profumati appena saltati in padella con un filo di olio e basilico in estate, una salsa vellutata con i funghi ad autunno inoltrato. Ma non ho avuto il tempo di fotografare niente (o quasi) né tantomeno l’ispirazione giusta per scrivere due righe da mettere sul blog. Perché, chi legge lo sa meglio di me, ci vuole tempo per trasformare una pietanza preparata per cena in qualcosa da mettere qui. Serve il tempo per fotografare, rifotografare, scrivere e rileggere, serve l’idea giusta o almeno quella che ti sembra essere quella giusta
E pensando a tutto questo ho capito che non è stata solo mancanza di tempo. In parte la colpa è di quello che ho chiamato il ‘blocco-da-pinterest’. Pinterest è una miniera di immagini bellissime: case da sogno, abiti da principessa e una quantità di foto di ricette creative, nuove, presentate in modo perfetto. Così ogni volta che guardavo un mio piatto pensavo che, si, magari era buono da mangiare – o almeno a noi è piaciuto – ma come potevo mettere la ricetta qui? Troppo semplice, troppo vista, foto bruttina, piatto confezionato malissimo.. insomma ce n’era sempre una. Ma possibile che mi devo stressare anche per questo che dovrebbe essere solo puro divertimento? A me piace cucinare scrivere e fotografare, questo è un bel modo di impiegare un po’ del tempo libero e allora..pazienza se non è tutto perfetto e bello come vorrei. La ricetta che segue infatti ha ben poco di originale, il classico cavolfiore gratinato con l’aggiunta di una manciata di olive nere e qualche fettina di groviera. Si può preparare con il cavolfiore bianco o mettendo insieme quello bianco e il cavolfiore viola, che ha un colore meraviglioso. Quello che avevo acquistato era talmente bello che.. l’ho usato come centrotavola, sistemato su un sottopiatto di vetro e accompagnato da fresie bianche e una manciata di foglie verdi.  


CAVOLFIORE GRATINATO




Ingredienti per 4 persone:

1 cavolfiore bianco (oppure mezzo bianco e mezzo viola) di circa 500 gr
200 gr di olive (io ho usato le taggiasche, ma sono perfette anche quelle greche)
50 gr di groviera
Sale

Per la besciamella:
40 gr di burro
40 gr di farina 00
500 ml di latte intero
20 gr di parmigiano grattugiato
Sale
Noce moscata

Per finire:
Olio extra vergine di oliva
Pangrattato


Pulisci il cavolo privandolo delle foglie e lavalo.
Suddividilo in cimette e mettilo a cuocere in acqua bollente leggermente salata per circa 10 minuti.
Il cavolo si deve lessare ma deve rimanere croccante quindi controlla con una forchetta per capire quando è pronto: il cavolo deve essere morbido abbastanza da poter essere ‘inforchettato’ facilmente ma non si deve disfare.
Se i pezzetti che hai fatto sono piuttosto piccoli impiegherà poco a cuocere restando più saporito.
Mentre il cavolo cuoce inizia a preparare la besciamella.
In un pentolino fai scaldare il latte con un pizzico di sale. Non deve bollire.
In un’altra casseruola metti il burro e lascialo fondere a fuoco bassissimo, facendo attenzione che non inizi a friggere. Appena il burro è sciolto unisci la farina e fai tostare il mix di farina e burro sul fuoco, mescolando in modo che il composto non si attacchi al fondo della pentola.
Quando hai ottenuto una pastella solida e compatta togli dal fuoco e aggiungi qualche cucchiaio di latte tiepido in modo da diluire il composto, quindi aggiungi in una volta sola il latte restante, unisci una grattata di noce moscata (se la usi) e rimetti tutto sul fuoco – moderato – mescolando continuamente con una frusta e facendo attenzione a non formare grumi.
Fai cuocere la besciamella sul fuoco, deve addensarsi ma non diventare troppo compatta. E’ pronta quando vela il cucchiaio come una crema.
Fuori dal fuoco aggiungi il parmigiano grattugiato e aggiusta di sale se necessario.
Accendi il forno a 180 gradi.
Quando anche il cavolo è pronto scolalo e mettilo in una ciotola. Condiscilo con le olive snocciolate e tagliate in pezzi (se sono grosse) e il groviera grattugiato grossolanamente.
Copri il fondo di una pirofila o di una teglia che possa andare in forno con qualche cucchiaio di besciamella e aggiungi la restante al cavolo. Mescola bene e versa il composto all’interno della pirofila.
Metti sul cavolo una spolverata di pangrattato, condisci con un filo di olio e metti in forno caldo per 30 minuti.



EASY: per una cena veloce: accompagnalo con un’insalata di radicchio rosso valeriana e pezzetti di pera. E per concludere quadretti di cioccolata fondente e pane croccante per dessert.




CHIC: è un piatto piuttosto rustico e può essere ingentilito preparandolo in porzioni individuali utilizzando cocotte di coccio da portare direttamente in tavola. Magari aggiungendo una bottiglia di buon vino rosso e un po’ di riso pilaf al posto del pane.