martedì 22 dicembre 2015

Zimtsterne

Da sempre queste stelline sono tra i miei biscotti di Natale preferiti.
Fino a qualche anno fa mi arrivavano ad ogni inizio dicembre confezionate in una piccola scatolina di legno e legate da un nastro bianco e rosso con disegni tirolesi. Erano i primi biscotti ad entrare nel mio calendario dell’Avvento.
La ricetta viene dalla Signora V. che in questo periodo le prepara per gli ospiti del suo piccolo albergo di montagna. Lei non le ricopre di glassa ma solo con una abbondante spolverata di zucchero a velo. Anche io le preferisco così, a mio parere la glassa le rende troppo dolci e nasconde in parte il sapore della cannella e delle altre spezie che invece deve prevalere, almeno per i miei gusti. Con la glassa sono più belle, più decorative e natalizie, ma rivestite solo di zucchero sono più buone. Scegliete voi.
Sono perfette per essere servite con il tè di Natale, la miscela che è tipica di questo periodo, agrumata e speziata si accompagna benissimo al sapore aromatico di queste stelline. Oppure si possono sgranocchiare da sole in attesa di scartare i regali di Natale o confezionare in piccole scatoline o sacchettini di iuta da utilizzare come segnaposto e lasciare agli ospiti come piccolo pensiero. Sono facili da fare e piuttosto rapide. Quando cuociono in forno rilasciano per tutta la cucina un aroma intenso di cannella. E cosa c’è di più natalizio del profumo della cannella e di una nuvola soffice bianca e vaporosa di zucchero a velo?


P.S. per la dose delle spezie fate delle prove, a me piacciono molto speziate, ma dipende dai gusti


ZIMTSTERNE



Ingredienti per circa 25 stelline:

200 gr di mandorle già spellate
20 gr di zucchero semolato
80 gr di zucchero a velo
1 albume d’uovo a temperatura ambiente
2 cucchiaini da caffè di cannella in polvere
1 cucchiaino da caffè di zenzero in polvere
2 chiodi di garofano pestati nel mortaio

Per decorare:
zucchero a velo

Frulla le mandorle con lo zucchero semolato in modo da ottenere una farina sottile. Non azionare di continuo il mixer ma procedi ad intermittenza.
In una ciotola metti la farina di mandorle e aggiungi tutte le spezie.
Metti l’albume nella ciotola della planetaria (o in un’altra ciotola se usi le fruste normali) e inizia a montare a velocità media fino a quando comincia a diventare spumoso.
A questo punto comincia ad incorporare poco alla volta lo zucchero a velo e continua a montare a velocità elevata fino ad ottenere una meringa lucida e soda.
Unisci l’albume montato poco alla volta alla farina di mandorle speziata, utilizza una spatola di silicone per farlo, amalgamando dal basso verso l’alto e con delicatezza.
L’albume potrebbe non servire tutto, l’obiettivo è quello di ottenere un composto morbido ed amalgamato ma che si possa lavorare con le mani.
Forma un panetto con l’impasto ottenuto e mettilo a raffreddare in frigo per due ore avvolto di pellicola trasparente.
Trascorso il tempo di riposo della pasta accendi il forno a 150 gradi.
Spolvera il piano di lavoro con poco zucchero a velo e stendi la pasta coperta con un foglio di carta da forno ad uno spessore di mezzo centimetro (circa).
Ritaglia le stelline con una formina da biscotti e appoggiale su una teglia foderata di carta da forno.
Metti in forno già caldo per circa 15 minuti, devono diventare dorate, senza scurire troppo.
Lasciale raffreddare completamente su una griglia e poi cospargi con una spolverata molto generosa di zucchero a velo (o se preferisci con una glassa spessa fatta con acqua e zucchero a velo).
Si conservano molto bene in un barattolo di vetro per una settimana.


EASY: per un pomeriggio di festa servite alle 5 con il tè di Natale.





CHIC: confeziona alcune ‘pile’ di 5 stelline con un nastro scozzese o dorato e appoggiale come segnaposti sulla tavola.

venerdì 11 dicembre 2015

Babka al cioccolato (pochissimo)

Anche quest’anno l’8 dicembre è passato in un attimo. Impiego quasi un’intera giornata a fare i miei addobbi. Adesso per casa ci sono le candele, gli angioletti di stoffa che pendono dalle maniglie delle porte, bolle di vetro colorato che scendono lungo le tende appese a invisibili fili di nylon. E naturalmente ci sono la mia ‘città dei Babbo Natale’, l’albero con le palline, le pigne dorate e senza fili d’argento e il presepe, il mio è piccolissimo, fatto di poche statuine e sistemato in un angolo dove normalmente ci sono le cornici con le nostre foto.
Ovunque tutti dicono che anche quest’anno non sarà un Natale ‘vero’, veniamo da una lunga serie di anni difficili. Lo penso anche io, qualunque sia la situazione personale di ciascuno di noi, l’atmosfera che si respira non è serena. E’ una banalità, lo so, dirlo così con tutto quello che succede nel mondo.
Eppure penso che ci siano delle cose che anche in tempi così poco felici possano fare un ‘vero' Natale. Le mie sono queste. Passare un intero pomeriggio a fare biscotti con i bambini, con mamma e sorella, con le amiche: da incartare e regalare, da appendere all’albero o da mettere nel calendario dell’avvento. Organizzare una cena perfetta con una tavola piena di candele  (o un pranzo, dipende dalla tradizione che ciascuno segue, noi festeggiamo il 24 sera) che riunisca tutta la famiglia. Accendere una candela la notte di Natale e affidarle un desiderio, uno solo, per l’anno che sta per arrivare. Preparare qualcosa di speciale per la colazione del 25 mattina, qualunque cosa vi piaccia ma deve essere diverso dal solito perché è un modo, almeno per me, di riconoscere la festa. Io scelgo qualcosa di soffice, di cioccolatoso ma non troppo, in modo da accompagnarlo ad una tazza di cioccolato bollente aromatizzata con la cannella. E perché sia proprio Natale si può aggiungere un cartoncino da nascondere sotto ogni tazza, scritto a mano con una matita a carboncino rosso ‘….che questo Natale sia quello dei tuoi sogni’.   

P.S. Il mio babka non è molto cioccolatoso, e l’effetto ‘swirl’ della girandola di cioccolato è molto ridotto. Questo perché io adoro il cioccolato, ma da mezzogiorno in poi! La mattina a colazione preferisco cose dal sapore meno deciso, il cioccolato ci può stare ma non a pezzettoni insomma. Se lo volete più ‘vero babka con la girandola di cioccolato’ raddoppiate e forse anche triplicate la dose di cioccolato che ho messo io (stessa cosa per lo zucchero della farcitura, mantenete la proporzione con il cioccolato).



BABKA AL CIOCCOLATO  (POCO)




Ingredienti per uno stampo da plum cake di 20 cm:

150 gr di farina ‘00’
100 gr di farina Manitoba
100 ml di latte intero
15 gr di lievito di birra fresco
40 gr di zucchero semolato
1 uovo intero
50 gr di burro morbido a temperatura ambiente
4 gocce di estratto vaniglia
5 gr di sale fino

per la farcitura

15 gr di zucchero semolato
50 gr di cioccolato fondente (per me al 60%) tritato


Per la finitura:
qualche cucchiaio di latte

Io ho utilizzato la planetaria, ma con un po’ di tempo in più il babka si può anche lavorare a mano.
Fai intiepidire il latte in un pentolino.
Metti nella ciotola della planetaria il latte appena tiepido e il lievito di birra sbriciolato.
Mescola in modo da sciogliere il lievito e lascia riposare qualche minuto.
Nel frattempo setaccia insieme le due farine (‘00’ e manitoba).
Aggiungi 50 gr di farina tolti dal totale e aziona la planetaria per far amalgamare farina e latte fino ad ottenere un composto omogeneo (in queste prime fasi si può usare il gancio ‘K’ invece di quello per impastare).
Sbatti leggermente l’uovo in una ciotolina con l’estratto di vaniglia e aggiungilo al composto con la farina. Aggiungi anche lo zucchero e mescola in modo da amalgamare bene tutto.
Quando il composto è omogeneo, lasciando la planetaria in azione alla velocità minima inserisci poco per volta il mix di farine, aggiungendo la dose successiva solo quando la prima è perfettamente amalgamata (eventualmente metti in questa fase il gancio per impastare).
Quando tutta la farina è ben incorporata, aggiungi il burro a pezzetti, anche questo poco alla volta, inserendo il pezzo successivo solo quando il precedente è ben amalgamato al composto.
Quando tutto il burro è stato inserito, aggiungi per ultimo il sale e impasta fino a quando l’impasto è incordato ed è ben amalgamato e morbido.
Terminata la fase di impasto, con le mani infarinate (l’impasto è piuttosto appiccicoso) preleva l’impasto dalla planetaria, mettilo su un piano leggermente infarinato, forma un panetto e mettilo in una ciotola di vetro leggermente unta di olio.
Copri la ciotola con la pellicola e lascia lievitare fino a che avrà raddoppiato di volume (io ho impiegato circa tre ore).
Trascorso il tempo di lievitazione, togli l’impasto dalla ciotola, mettilo su una superficie infarinata e stendilo cercando di dare alla pasta una forma a rettangolo.
Cospargi la superficie del ‘rettangolo’ con lo zucchero semolato e il cioccolato della farcitura e arrotola la pasta formando un cilindro.
Con il cilindro così ottenuto, forma una ciambella unendo le due estremità e avvolgila su se stessa due volte come per formare un doppio otto.
Metti il babka in uno stampo da plum cake rivestito di carta da forno, copri con un canovaccio pulito e lascia lievitare fino a quando raggiunge il bordo dello stampo (io ho impiegato circa due ore).
Accendi il forno a 180 gradi.
Appena il babka è lievitato pennella la superficie con il latte per la finitura e metti in forno già caldo per 40/45 minuti.
Dopo una decina di minuti che era in forno io l’ho coperto con un foglio di alluminio perché stava diventando troppo scuro.
In un sacchetto di carta per il pane si conserva soffice per tre giorni.



EASY: merenda per i bambini nei giorni di festa: tagliato a fette, spalmato con uno strato sottile di ricotta e spolverato di zucchero a velo.




CHIC: per la colazione di natale puoi servirlo con cioccolata calda, un pizzico di cannella e un cucchiaio di panna appena appena montata.

venerdì 4 dicembre 2015

Roselline di sfoglia e mele

Il mio conto alla rovescia ‘vero’ verso Natale inizia l’8 dicembre, quando faccio l’albero, il presepe e sistemo la ‘città dei Babbo Natale’, ovvero la mia collezione di statuine di Babbo Natale alla quale ogni anno – o quasi – aggiungo un nuovo ‘personaggio’. Detto in altre parole dall’8 dicembre inizio a correre per cercare di realizzare tutto quello che ogni anno progetto per quella che è senza dubbio la mia festa preferita. Una festa lunga quasi un mese, perché quello che è veramente bello del Natale, almeno per me, è l’atmosfera che è nell’aria quando si fanno i preparativi, quando la casa si veste a festa e diventa qualcosa di diverso da quello che è negli altri mesi. In salotto si accendono le luci di Natale, compaiono tante candele (quest’anno le sceglierò color avorio e verde bosco) e trascorro le serate a sfogliare libri e riviste di cucina per scegliere il menu della nostra cena prenatalizia (il Natale lo trascorro sempre dai miei genitori e non cucino niente!).
L’anteprima di questo tour de force è una piccola festa che faccio con le mie amiche la prima domenica di Dicembre. Una delle mie amiche è nata a Denver in Colorado e ci obbliga da qualche anno ad organizzare una festa (che lei ci assicura tipica delle sue parti) alla quale tiene moltissimo: il christmas cookie exchange party. In pratica ci troviamo il pomeriggio tutte insieme a casa di una di noi, ciascuna deve portare un certa varietà di dolcetti fatti in casa, almeno tre o quattro diversi tipi a testa e condividere con le altre la ricetta (in origine erano solo biscotti, ma l’abbiamo convinta ad ampliare .. i suoi orizzonti). Tutti i dolci, niente torte, solo dolcetti monoporzione e biscotti, vengono sistemati su un tavolo, accompagnati da cartoncini che in bella calligrafia (vietato l'uso del PC!) riportano la ricetta. Su un altro tavolo si sistemano carte regalo, nastri colorati e scatolette decorate, anche queste messe in comune. L’obiettivo è quello di scambiarsi dolci e ricetta: ognuna di noi sceglie sul tavolo dei ‘cookies’ quelli che le sembrano più attraenti o insoliti, li confeziona come preferisce con le carta e i nastri messi a disposizione e li porta a casa come primo dono da mettere sotto l’albero.
Quest’anno tra le ricette che intendo scambiare c’è questa delle roselline di sfoglia. Lo so, sono stranote e viste ovunque ma a me piacciono moltissimo e anche se in rete ci sono centinaia di post le ho volute mettere anche qui. Sono divertenti da fare, fanno molta figura e richiedono solo pochissimi ingredienti, quasi una ‘non ricetta’. Si possono fare grandi per dessert dopo cena, ma le mie preferite sono piccole, quasi dei mignon. Accomodate su una alzatina di vetro o di cristallo, spolverate di zucchero a velo e servite alle amiche con il tè assicurano un pomeriggio indimenticabile di ‘tè e rose’, anche sotto Natale.

ROSELLINE DI SFOGLIA E MELE





Ingredienti per 5 roselline grandi o una quindicina piccole:

1 confezione di pasta sfoglia già stesa (quella del banco frigo, non il panetto surgelato)
2 cucchiai di zucchero semolato
1 goccia di estratto di vaniglia
2 mele renette
1 cucchiaio da minestra di confettura di lamponi (o altro frutto rosso)
zucchero a velo per decorare

Lava e sbuccia le mele (io preferisco togliere la buccia anche se lasciando le mele con la buccia le roselline vengono più belle).
Taglia le mele in quattro spicchi ciascuna eliminando, il torsolo e taglia ogni spicchio in fettine regolari, devono avere la sagoma ‘a mezza luna’.
Fai scaldare in un pentolino i due cucchiai di zucchero semolato con quattro cucchiai di acqua, fai sciogliere bene e quando si è formato uno sciroppo lucido aggiungi l’estratto di vaniglia e immergi le fettine di mela, in modo che si ammorbidiscano un po’ (due tre minuti più o meno) facendo attenzione a non rompere le fettine.
Togli le mele dallo sciroppo e mettile a raffreddare su un vassoio.
Accendi il forno a 180 gradi.
Taglia la pasta sfoglia in strisce altre circa tre dita e lunghe circa 20 cm se vuoi fare delle roselline grandi. Per rosselline mignon, le strisce saranno alte 2 dita e lunghe al massimo 8 cm.
Disponi su ogni striscia le fettine di mela una leggermente sovrapposta all’altra, lasciando la parte ricurva della fetta verso l’alto della striscia di pasta.
Quando l’intera lunghezza della striscia è coperta con le mele, arrotola la striscia su se stessa in modo da formare la rosellina.
Metti le rose all’interno di pirottini per muffin perchè non perdano la forma, sistemale su una teglia e metti in forno già caldo.
Cuoci per circa 15 minuti, fino a quando la pasta sfoglia comincia a diventare dorata.
Nel frattempo in una pentolina sciogli la confettura a fuoco bassissimo devi ottenere un composto fluido.
Estrai le roselline dal forno, con l’aiuto di un pennello di silicone ‘colora’ i petali delle rose con la confettura e rimetti in forno per 5 minuti.
Se ti piace, prima di servirle puoi spolverarle con zucchero a velo.
Sono buone tiepide e anche fredde.


EASY: servile come dessert a fine pasto con un cucchiaio di crema inglese o una pallina di gelato alla vaniglia.



CHIC: a me piace farle molto piccole e servirle come pasticcini con il tè. Sistemale su una piccola alzata alternate a biscottini di frolla al cacao e offrile in questo periodo con il tè di natale. Per un gusto più natalizio, sostituisci l’estratto di vaniglia con un pizzico di cannella in polvere.

mercoledì 11 novembre 2015

Crackers di farro con semi di girasole

Da una decina di giorni qui a Torino la sera accendono le ‘luci di artista’. Nelle vie principali del centro ogni anno in questo periodo sistemano delle luci particolari e molto belle che accompagnano l’inaugurazione di Artissima (la fiera di arte contemporanea) e restano poi fino a dopo Natale. Alcune sono davvero natalizie, come gli alberi di Natale stilizzati fatti di neon verdi e quelli che sembrano frantumi di vetro colorato, altre sono brillanti e luminose, come le ‘costellazioni’, un insieme di lucine dorate che simulano le stelle del cielo. In Piazza San Carlo hanno messo intorno ai lampioni dei vetri colorati gialli, verdi, rossi, blu, quando la sera li accendono l’impressione è quasi magica: la piazza è molto meno illuminata del solito e i lampioni colorati sembrano galleggiare nella notte. Lampioncini colorati pendono anche dagli archi dei portici che circondano la piazza e l’atmosfera è quella di un raffinato presepe.
A mio parere tutto questo ‘fare Natale’ a inizio Novembre è un po’ in anticipo sui tempi, quest’anno poi con questa improvvisa primavera è totalmente straniante, sembra che qualcuno abbia dimenticato di smontare gli addobbi dell’anno prima. Sabato intorno all’ora di pranzo, sotto gli alberi di Natale che pendevano tra un palazzo e l’altro, c’erano tavolini disseminati sui marciapiedi e nelle piazze, affollati di turisti e non-turisti che chiacchieravano sotto i raggi di un bellissimo sole e sorseggiavano l’aperitivo con indosso solo maglioni di cotone e occhiali da sole, come a maggio. Perfino il carrettino che vende caldarroste sembra completamente fuori stagione, un bel gelato o un aperitivo leggero a base di grissini croccanti, crackers, bastoncini di verdure crude e dip cremosi sembra molto più in linea con il clima di queste giornate.
E anche noi non ce lo siamo fatto mancare. Da tempo volevo provare a fare in casa dei crackers croccanti, un po’ diversi dai soliti grissini o dalle mini focacce che preparo di solito. Da abbinare a fettine di salmone affumicato e dip vellutati per un aperitivo a due da consumare velocemente prima di andare a teatro oppure da preparare in dosi abbondanti e servire agli amici con paté di tonno, crema di formaggio alle erbe, chutney piccanti e cubetti di parmigiano. Prima di cena, in sostituzione della cena, magari con un dessert finale e un vino adatto all’occasione oppure in attesa del pranzo, con questo clima anche in terrazza. Come preferite.

P.S. Sono molto buoni appena fatti, se avanzano conservali in un barattolo di vetro, ma durano al massimo un’altra giornata, poi a mio parere perdono molto della croccantezza.

P.S.2 Oggi è San Martino e, almeno qui a Torino, sta rispettando in pieno la tradizione dell’estate di San Martino come giornata più calda dell’autunno, c’è un sole meraviglioso e l’aria decisamente tiepida. Quando eravamo piccoli a scuola si faceva sempre un tema, un piccolo pensierino o un disegno sulla leggenda di San Martino, la maestra ci parlava della divisione del mantello, del caldo improvviso ecc. ecc. Chissà se oggi a scuola i bambini continuano a ricordare queste ‘feste della tradizione’ e a divertirsi con queste favole antiche. Mi piacerebbe pensare di si.


CRACKERS DI FARRO CROCCANTI CON SEMI DI GIRASOLE




Ingredienti per una trentina di crackers :

70 gr di farina integrale di farro
80 gr di farina ‘00’
75 gr di acqua appena tiepida
1 cucchiaino da caffè di sale fino
1 cucchiaio da minestra di olio extra vergine di oliva + quello per ungere la ciotola
4 gr di lievito di birra fresco
qualche cucchiaio di semi di girasole


Sciogli il lievito in 50 gr dell’acqua tolta dal totale e lascia riposare qualche minuto.
Intanto in una ciotola setaccia le due farine.
Aggiungi l’acqua con il lievito ed inizia ad impastare aggiungendo se serve altra acqua (io l’ho utilizzata tutta), in modo da ottenere un impasto morbido e liscio.
Aggiungi il sale e impasta ancora un attimo per incorporarlo bene.
Da ultimo inserisci l’olio e impasta ancora per qualche minuto fino ad ottenere un impasto elastico e compatto.
Mettilo a lievitare in una ciotola pulita leggermente unta di olio e lascialo lievitare per almeno tre ore (deve raddoppiare di volume).
Quando la pasta è lievitata stendila su un piano infarinato utilizzando un mattarello per ottenere una sfoglia sottile (qui devi fare un po’ di prove a me piacciono quando non sono sottilissimi, ma dipende dai gusti).
Taglia i crackers della forma che preferisci (io ho fatto dei piccoli rettangoli, ma sono carini anche tondi tipo ‘ritz’ o a forma di rombo).
Fodera una teglia con carta da forno e appoggia i crackers.
Buca la superficie di ogni cracker con uno stecchino, poi spennellali rapidamente di acqua (pochissima serve solo per far aderire i semi di girasole) e cospargili con un po’ di semi di girasole.
Copri la teglia con un canovaccio pulito e lascia lievitare ancora per un’ora e mezzo.
Trascorso il tempo di lievitazione, accendi il forno a 180 gradi.
Appena il forno è caldo cuoci i crackers per 12/15 minuti, devono diventare dorati.
Sfornali, lasciali raffreddare su una griglia e servili come preferisci.

EASY: aggiungili a cena nel cestino del pane e metti in tavola un po’ di burro salato. Da sgranocchiare mentre si aspetta che la pasta finisca di cuocere.



CHIC: mi piacciono molto da servire come aperitivo in piedi insieme a creme di verdura e di formaggio. Sistema tutto (coppette di vetro con i crackers, ciotoline con dip e creme di formaggio, cubetti di toma, provola e parmigiano per esempio) su un piccolo carrello o un tavolino di servizio, accompagna con vino bianco o prosecco e lascia che i tuoi ospiti possano iniziare a chiacchierare e a fare conoscenza, se necessario, prima di sedersi a tavola.


lunedì 2 novembre 2015

Biscotti Digestive

Io la mattina ho ‘una partenza lenta’. Non sono il tipo che si alza e si mette subito in moto, pronta per uscire dopo mezz’ora. Ho bisogno di tempi lunghi, mi devo concedere almeno 45 minuti di lettura tranquilla prima di iniziare la giornata, altrimenti non ho le energie sufficienti. Questo anche nei giorni in cui vado a Milano ed ho il treno alle sette. Mi alzo alle cinque, ma non rinuncio alle mie abitudini. Sembra un po’ folle, lo so, ma spesso quell’oretta che trascorro a leggere prima delle sette è l’unico momento tutto mio della giornata.
Per questo la mattina faccio due colazioni, o quasi. La prima da sola, appena sveglia. Preparo il caffè, rigorosamente con la moka, perché lo preferisco decisamente a quello delle macchine espresso. Mi piace il profumo del caffè fatto così, la consistenza un po’ lunga e perfino il borbottio quando passa. Lo verso a piccole dosi nella tazza, quella grande che di solito si usa per il tè e mi piace senza zucchero né latte, così com’è. Lo bevo lentamente, anzi, me lo gusto davvero tanto, leggendo seduta al tavolo di cucina o prendendo appunti sulla mia agenda: se la giornata si presenta difficile, faccio una lista delle cose da fare, quelle indispensabili e quelle che si possono rimandare se il tempo non c’è. Perché a volte 24 ore in una giornata sembrano davvero poche e io senza le mie liste mi perdo un po’.
E insieme al caffè della mattina ci vuole un biscotto, uno solo o al massimo due, in attesa della colazione vera che faccio più tardi insieme a mio marito - quando è a casa - o da sola: pane e marmellata nei giorni ‘normali’, una fetta di torta e altre cose golose nei giorni festivi, quando la colazione tra una chiacchiera e l’altra dura anche più di mezz’ora.
I digestive sono tra i miei biscotti ‘da caffè’ preferiti. Perché sono croccanti senza essere duri, si inzuppano molto bene e la farina di avena dà quel gusto particolarissimo che in abbinamento al caffè a me piace molto. Ho trovato qui la ricetta di Gary Rhodes, l’ho leggermente modificata per ridurre il burro, perché a me il sapore deciso del burro non piace mai e li faccio e li rifaccio continuamente.


BISCOTTI DIGESTIVE




Ingredienti per una trentina di biscotti (dipende dalle dimensioni dello stampo)

(tra parentesi le dosi originali della ricetta di Gary Rhodes, quando le he variate)

100 gr di farina integrale
100 gr di farina d'avena 
80   gr di burro           (100 gr di burro)
1 bel pizzico di sale
65 gr di zucchero integrale di canna              (50 gr di zucchero di canna)
7 gr di lievito per dolci           (un cucchiaino di lievito per dolci)
4 cucchiai di latte intero                    (1 o 2 cucchiai di latte)


In una casseruola fai sciogliere il burro a bagnomaria e lascialo raffreddare.
Nel frattempo in una ciotola mescola le due farine e il sale.
Quando il burro si è raffreddato, uniscilo alle farine, amalgama rapidamente e aggiungi lo zucchero e il lievito.
A questo punto aggiungi il latte un cucchiaio alla volta, a me ne sono serviti quattro. Quanto latte aggiungere dipende da quanto sono asciutte le farine utilizzate. Lo scopo è ottenere un impasto morbido ma lavorabile, come una frolla.
Quando l’impasto è pronto (deve venire liscio e compatto appunto come una frolla), dai la forma di un panetto e metti in frigorifero a riposare avvolto da pellicola per almeno un’ora (io l’ho lasciato due ore, si lavora più facilmente).
Trascorso il tempo di risposo della pasta, accendi il forno a 180 gradi.
Prendi il panetto, stendilo con un mattarello ad uno spessore di circa mezzo cm (c’è il lievito e in cottura gonfiano un pochino).
L’impasto è un po’ appiccicoso, per rendere più facile l’operazione con il mattarello conviene inserire l’impasto tra due fogli di carta da forno.
Ritaglia i biscotti con una formina tonda (è la forma classica dei digestive), se vuoi puoi bucherellare la superficie con una forchetta e mettili su una teglia foderata di carta da forno, un po’ distanziati l’uno dall’altro.
Appena il forno è caldo infornali e lasciali cuocere per 10/12 minuti, devono essere di un bel colore dorato.
Lasciali raffreddare su una griglia.


EASY: a me piacciono nel caffè alla mattina, ma sono ottimi anche da servire con il tè.




CHIC: una versione molto golosa come dessert per un pranzo estivo. Componi una specie di biscotto gelato, utilizzando due digestive farciti con una crema da cheese cake gelato come questa. In questo caso sono più simpatici se fatti piccoli, con un diametro simile a quello dei tradizionali macarons.

lunedì 26 ottobre 2015

Risotto con la zucca gialla e i funghi porcini

Sono stata una bambina molto disappetente e ho fatto impazzire mia mamma per mangiare, ma delle (poche) cose che mi piacevano davvero tanto ho ricordi ben chiari. E chissà perché i funghi sono tra queste. Quando io ero piccola – e non parlo di cento anni fa – c’era una varietà infinita di funghi che adesso sembrano scomparsi, almeno qui trovo i porcini e basta e per un periodo molto limitato di tempo. Di quando ero piccola ricordo gli ovoli, profumatissimi e bianchi che mia mamma serviva crudi in insalata appena conditi con olio sale e qualche erbetta fresca, in genere la maggiorana o quello che da noi si chiama pepolino. C’erano le giallarelle (noi le chiamavamo così) dalla consistenza carnosa, con un bellissimo colore giallo arancio e il cappello un po’ ondulato. Anche per questi c’era una ricetta speciale: mia nonna preparava un sugo per la pasta con pomodoro, appena il profumo dell’aglio, credo e le giallarelle tagliate grossolanamente. Con questo sugo condiva le tagliatelle fatte in casa ruvide e spesse ed è strano che ne ricordi perfettamente il sapore e il profumo come se le avessi mangiate ieri. Poi c’erano quelli che noi chiamavamo pinaroli (di fatto penso che alcuni di questi nomi siano quasi dialettali e non ho proprio idea di quale sia il nome ‘italiano’). Se non ricordo male mi dicevano che si chiamavano così perché crescevano alla base del tronco dei pini ed in genere si trovavano ad inizio agosto. Questi ce li portava in campagna un amico di famiglia, ricordo che toglievamo la terra dal gambo, li passavamo rapidamente sotto l’acqua e il cappello ‘si sbucciava’: c’era una pellicola sottile che lo ricopriva e che veniva eliminata facilmente senza coltello (era uno dei lavori preferiti di noi bambine). Mia mamma li tagliava in fette spesse e li friggeva, lasciandoli scolare sulla carta gialla e poi li serviva come antipasto, a volte del tutto improvvisato intorno a mezzogiorno quando i funghi arrivavano nel loro panierino coperto di foglie verdi. E naturalmente c’erano i porcini, in abbondanza. In Toscana se ne trovavano davvero tanti. Mia nonna li cucinava spessissimo in questa stagione, quelli che non finivano in pentola venivano tagliati e messi a seccare. Infilava delicatamente le fettine con ago e filo (!!) facendo una specie di collane di fettine di funghi che venivano appese in dispensa a seccare e poi chiusi in barattoli di vetro. E così arrivavano fino a Natale quando diventavano un gustoso contorno per il cappone con le patate arrosto oppure venivano trifolati e spalmati su fettine di pane abbrustolito da mangiare come antipasto prima di cena.
Adesso gli unici funghi che riusciamo a cucinare con una certa abbondanza sono i porcini. A dire il vero qui a Torino li trovo piuttosto raramente ma in Toscana ce ne sono ancora molti e il nostro ‘fornitore’ ufficiale è un amico dei miei genitori. Mio papà è un ‘meditativo’ e preferisce stare seduto in giardino con i suoi libroni e una montagna di carte invece di passeggiare per boschi alla ricerca di funghi. Ma lì in campagna questo nostro vicino di casa è un vero esperto e sa dove andare per trovare dei porcini .. di qualità! Come tutti i ‘fungaioli’ non dice a nessuno dove va ma è talmente buono e generoso che una parte del suo raccolto finisce sempre nella cucina di mia mamma e inevitabilmente nel mio bagaglio quando torno a casa. Con gli ultimi porcini di stagione ho preparato questo risotto con la zucca. Erano profumatissimi e sono stata tentata di lasciarli seccare per farli arrivare fino a Natale, ma è stato impossibile resistere!
A me piace abbondare con la zucca, ma la proporzione zucca/porcini .. è un po’ da decidere a piacere.



RISOTTO ZUCCA GIALLA E FUNGHI PORCINI





Ingredienti per 4 persone:


320 gr di riso Carnaroli
500 gr di zucca gialla varietà butternut (peso già pulita)
300 gr di funghi porcini freschi (vanno bene anche quelli surgelati)
una piccola cipolla bianca
uno spicchio di aglio
mezzo bicchiere di vino bianco (io ho utilizzato un Soave)
1 litro di brodo vegetale
olio extra vergine di oliva (circa 9 cucchiai da minestra)
sale di Bretagna (ma va bene anche sale marino normalissimo, quella dei vari tipi di sale è una mia fissazione, o meglio un gioco divertente)
20 gr di grana padano grattugiato (se piace con i funghi)


Prepara i funghi.
Togli la parte terrosa del gambo e passali rapidamente sotto l’acqua (io non mi fido a pulirli semplicemente con la carta, preferisco lavarli rapidamente, ma ognuno fa come preferisce).
Taglia i gambi e le cappelle a fette non troppo sottili e lasciali separati perché devono cuocere con tempi diversi.
In una pentolina fai scaldare 3 cucchiai di olio con lo spicchio di aglio; appena inizia a sfrigolare elimina l’aglio e aggiungi i gambi dei funghi e un pizzico piccolissimo di sale. Lascia cuocere a fiamma molto bassa per 15 minuti, aggiungendo un pochino di brodo se si attaccano al fondo.
Io aggiungo il sale sia ai funghi che poi alla zucca perchè il brodo vegetale che preparo è davvero poco salato, ma potrebbe non essere necessario salare a parte le verdure se il brodo è molto saporito.
Nel frattempo prepara la zucca.
Togli la buccia esterna, i semi e i filamenti interni. Lavala e tagliala a cubetti piuttosto piccoli tutti di dimensioni simili.
Lava la cipolla e affettatala molto sottile.
Mettila a rosolare con 3 cucchiai di olio nella pentola nella quale cuocerai il risotto.
Quando la cipolla comincia a diventare morbida e trasparente aggiungi i cubetti di zucca, un pizzico piccolissimo di sale e lascia cuocere coperto per circa 15 minuti.
La zucca deve ammorbidirsi, se necessario aggiungi un mestolino di brodo caldo per evitare che si attacchi al fondo della pentola.
Mentre la zucca cuoce controlla i funghi. Quando i gambi cominciano ad ammorbidirsi (dopo circa 15 minuti) aggiungi anche le fettine ottenute dalle cappelle e continua a cuocere a fiamma bassa con l’aiuto di poco brodo se necessario.
Quando la zucca è pronta toglila dal fuoco e mettila da parte in un piatto.
Nella stessa pentola in cui hai preparato la zucca aggiungi gli ultimi 3 cucchiai di olio, falli scaldare appena appena e poi metti il riso a tostare.
Appena diventa traslucido bagnalo con il vino bianco e lascialo evaporare, mescola rapidamente e aggiungi la zucca tenuta da parte.
Cuoci il risotto aggiungendo poco alla volta il brodo vegetale (potrebbe non servirti tutto).
A metà della cottura del risotto aggiungi anche i funghi e lascia finire di cuocere tutto insieme.
Aggiusta di sale se necessario, il mio brodo è poco salato ed in genere aggiungo alla fine qualche grano di sale di Bretagna.
Anche se ci sono i funghi, prima di servire io aggiungo fuori dal fuoco il grana padano, ma c’è chi con i porcini non ama il formaggio.



EASY: pranzo di una domenica di autunno. E’ un piatto ricco e quasi unico, puoi completare il menu con una insalata mista e per finire un soufflé di castagne per rimanere in tema ‘autunno’.


CHIC: puoi preparare dei cestini di parmigiano e servire il risotto all’interno dei cestini - caldissimo. E’ un po’ ‘retrò’ ma è un’idea da utilizzare se non si vogliono servire porzioni troppo abbondanti.

giovedì 15 ottobre 2015

Focaccine farro e uva

Non ho mai partecipato ad una vendemmia e mi piacerebbe un giorno o l’altro farlo.
Ricordo però che quando io e mia sorella eravamo molto piccole in questo periodo andavamo sempre a trovare alcuni amici dei miei nonni che avevano una casa che a me sembrava immensa sulle colline intorno a Siena. Non ricordo molto, se non che era circondata da ampi vigneti, che si entrava nella cucina salendo una scala in pietra sul lato della casa i cui gradini mi sembravano così alti che le mie gambe corte corte facevano fatica a salirli. L’occasione era appunto la vendemmia: nessuno di noi, né adulti, né bambini partecipava direttamente alla raccolta dell’uva, ricordo che noi piccoli giocavamo nel cortile e i ‘grandi’ chiacchieravano seduti in una terrazza che si apriva sul verde e sulla – bellissima – campagna toscana. Tornavamo sempre a casa con una o più cassette di uva. La mia preferita e la più profumata era l’uva fragola: chiunque abbia avuto per le mani un grappolo di questa varietà di uva sa perché si chiama ‘fragola’, il suo profumo dolce e fresco richiama quello di un intero cestino di fragoline di bosco.
Con l’uva fragola la mia mamma faceva (adesso sono un po’ di anni che .. se ne dimentica!) una focaccia dolce, semplice e molto buona: pasta di pane lievemente zuccherata con affondati gli acini dell’uva. In cottura si disfano un po’ e rilasciano nella focaccia un succo dolce e violetto che la rende morbida e molto gustosa. In Toscana in questo periodo molte panetterie (anzi da noi si chiamano fornai) la vendono al taglio. Quella che fa mia mamma è buonissima, soffice e cosparsa di zucchero che pasticciava le nostre manine rendendole appiccicose.  
Io la faccio ogni anno, perché mi piace mantenere le tradizioni, anche se la mia uva non è appena raccolta e viene acquistata al mercato. Quest’anno non ho trovato l’uva fragola ed ho scelto il Moscato di Amburgo e invece della ricetta tradizionale ho fatto queste focaccine utilizzando la farina di farro.


FOCACCINE FARRO E UVA





Ingredienti per 6 focaccine:

100 gr di farina 00
180 gr di farina di farro integrale
50 gr di zucchero semolato + qualche cucchiaiata per decorare le focaccine prima di infornare
10 gr di lievito di birra fresco
1 cucchiaino da caffè di sale (circa 5 gr)
1 cucchiaio da minestra di olio extra vergine di oliva
300 gr di acini di uva nera (la più adatta è l’uva fragola)
200 gr di acqua

Metti in una zuppiera 50 gr di farina ‘00’.
Fai sciogliere il lievito in 50 gr di acqua prelevata dal totale.
Aggiungi la miscela acqua e lievito ai 50 gr di farina e lascia riposare coperto 30 minuti.
Metti in una ciotola la farina ‘00’ rimasta e la farina di farro e aggiungi lo zucchero.
Trascorso il tempo di riposo del lievito, aggiungi a questo mix di farine e zucchero la miscela di acqua e farina e inizia a impastare inserendo progressivamente il resto dell’acqua (potrebbe non servirti tutta).
Quando l’impasto comincia a incordare (puoi farlo a mano o nella planetaria) inserisci il sale e fallo amalgamare alla pasta continuando a lavorarla.
Da ultimo inserisci l’olio, impasta ancora fino ad ottenere un composto lavorabile con le mani, morbido e liscio.
Quando l’impasto è pronto, mettilo in una ciotola pulita appena unta di olio e lascialo riposare coperto fino al raddoppio (per me un’ora e mezzo).
Mentre l’impasto lievita, lava gli acini di uva asciugali molto bene con carta da cucina e – per una risultato migliore – tagliali in due eliminando i semini interni.
Trascorso il tempo di lievitazione della pasta, toglila dalla ciotola e suddividi l’impasto in sei palline di ugual peso.
Inserisci in ciascuna pallina qualche acino di uva (lasciane un po’ da parte, servono anche per la decorazione finale) e forma con ogni pallina una focaccina non molto spessa (gonfieranno in cottura).
Disponi le focaccine distanziate una dall’altra su una teglia ricoperta di carta da forno.
Copri con un canovaccio pulito e lascia risposare ancora fino a quando le focaccine saranno gonfie e alte (circa un’ora e un quarto). 
Accendi il forno a 180 gradi.
Quando le focaccine sono ben lievitate, aggiungi su ciascuna di esse un po’ degli acini rimasti affondandoli delicatamente nella pasta.
Cospargi le focaccine con qualche cucchiaio di zucchero semolato e metti in forno ben caldo per 13/15 minuti (controlla la cottura).
Se decidi di preparare una sola focaccia grande cuoci per circa 20/22 minuti.
Sono molto buone tiepide. Purtroppo si conservano al massimo un giorno.

EASY: pausa pranzo ‘dolce’ del venerdì: è uno dei miei riti preferiti, un piccolo dolce-poco-dolce il venerdì al termine della pausa pranzo per .. portarmi avanti con il fine settimana!




CHIC: ancora più piccole di quelle che ho fatto io, quasi ‘mignon’ come pizzette, sono molto carine accompagnate al tè in una domenica pomeriggio piovosa di autunno.


mercoledì 7 ottobre 2015

Mini pizze per l'aperitivo

Noi eravamo quelli delle vacanze in movimento. Belle, certo, ma riposanti proprio no. Non vacanze ‘zaino in spalla’ perché io non ho quello spirito di sacrificio, non l'ho mai avuto nemmeno a vent’anni, ma comunque vacanze agitate. Lunghi trekking in montagna, viaggi in cui difficilmente si è due sere consecutive nello stesso posto, si vedono tante cose belle, ma forse manca l’attimo di relax per apprezzare in pieno l’atmosfera di un posto, per cogliere quello che gli occhi non consentono di vedere immediatamente ma che devi capire soffermandoti un po’ più a lungo. Con calma. Non abbiamo mai fatto le classiche vacanze ‘sotto l’ombrellone’ a gustare il sole, il profumo del mare e il proverbiale dolce far niente.
Quest’anno però abbiamo detto basta. L’inverno è stato troppo lungo e faticoso per avere anche solo l’energia per progettare una vacanza così. Abbiamo scelto un posto, UNO SOLO, preparato le valige con più libri che vestiti e ci siamo trasferiti lì. A fare niente, solo ammirare il verde dei prati, gustare il ritmo slow delle giornate e a recuperare un po’ di pace. E così abbiamo scoperto un nuovo modo di fare le ferie, senza programmi, senza scadenze da rispettare e senza orari. Abbiamo fatto quello che non ci era mai capitato di fare: seduti alle sei di pomeriggio ad un tavolino lungo la strada con un calice di vino bianco ad osservare i passanti in attesa dell’ora di cena, colazioni di due ore con un libro, una brioche e un succo di frutta che non finiva mai nel giardino di un minuscolo caffè al riparo dal sole, cena tardissimo, tanto non c’è bisogno di svegliarsi presto, non dobbiamo andare da nessuna parte. Abbiamo un po’ stravolto i ritmi della giornata vacanziera rispetto al solito: colazione abbondante e in tarda mattinata, a pranzo solo frutta o poco più e cena tardi, anche alle nove e mezzo. E prima di cena un aperitivo, magari verso le sette. Era la scelta più ‘impegnativa’ della giornata, trovare un posto carino dove soggiornare pigramente prima di cena insieme ad un succo di frutta con una ciotolina di olive oppure un cartoccio di anelli di calamaro fritti con un mini assaggio di vino bianco e frizzante. E questo rito dell’aperitivo prima di cena che fa ancora vacanza ce lo siamo portati a casa. Da ripetere ogni tanto il venerdì sera magari per anticipare l’arrivo del fine settimana o la domenica per prolungare il ritmo vacanziero del week end. In questi casi serve qualcosa di gustoso da preparare in fretta e smangiucchiare chiacchierando prima che la cena sia pronta (oppure da preparare in anticipo come queste pizzette e servire.. quando serve). Quasi come essere ancora in ferie, nelle nostre nuove ‘ferie lente’.


MINI PIZZE PER L’APERITIVO






Ingredienti per una trentina di pizzette:

Per l’impasto:

250 gr di farina 00
140 gr di acqua a temperatura ambiente
5 gr di lievito di birra fresco
20 gr di burro a temperatura ambiente
5 gr di zucchero
5 gr di sale

Per il condimento:

150 gr di passata di pomodoro (per me home made, vedi qui)
1 mozzarella fiordilatte
Origano (se piace io non l'ho messo)
Sale
Olio extravergine di oliva



Per prima cosa metti a scolare la mozzarella in un colino in modo che rilasci l’acqua e non bagni le pizzette.
Sciogli in una piccola ciotola il lievito di birra con la metà dell’acqua e lascia riposare coperto per 15 minuti.
Intanto in una ciotola più grande metti la farina e lo zucchero.
Trascorso il tempo di riposo del lievito, aggiungi alla farina l’acqua con il lievito e inizia ad impastare inserendo gradualmente il resto dell’acqua (potrebbe non servire tutta, l’impasto deve diventare elastico e morbido).
Aggiungi il sale e lavora ancora un po’ l’impasto in modo da farlo assorbire.
Da ultimo aggiungi il burro in piccoli pezzetti e continua ad impastare per una decina di minuti fino a quando la pasta sarà liscia ed omogenea.
Forma una palla, mettila in una ciotola pulita leggermente unta di olio e lascia lievitare fino al raddoppio coperto con pellicola trasparente (io ho impiegato circa due ore).
Quando l’impasto è lievitato accendi il forno a 200 gradi.
Preleva l’impasto dalla ciotola e stendilo prima a mano poi – lievemente – con un mattarello. Per lo spessore della pasta devi fare un po’ di prove, dipende da quanto ‘alte’ vuoi le mini pizze. A me piacciono quando non sono troppo sottili e lascio l’impasto spesso circa mezzo cm.
Con un taglia pasta rotondo ritaglia le pizzette e sistemale su una teglia foderata di carta da forno (lievitano ancora un po’, quindi non metterle troppo ravvicinate).
Su ogni mini pizza metti un cucchiaino di passata di pomodoro e un pizzico di sale e di origano, infine un filo di olio extra vergine di oliva.
Lascia riposare le pizzette coperte da un canovaccio pulito fin quando il forno è in temperatura, quindi inforna per 5/7 minuti (devono gonfiare e colorirsi appena appena).
Nel frattempo taglia la mozzarella a dadini.
Estrai la teglia dal forno, aggiungi su ogni mini pizza una dadino di mozzarella e rimetti in forno per pochi minuti, il tempo per far fondere la mozzarella.
Sono molto buone sia tiepide che fredde.
Si possono congelare da cotte (meglio senza mozzarella) e riscaldare in forno quando serve aggiungendo prima di infornare la mozzarella.

EASY: servile con succo di frutta il pomeriggio per un compleanno o per una merenda …. tra un compito e l’altro.


CHIC: le trovo perfette per un aperitivo con birra artigianale servita freddissima.



lunedì 21 settembre 2015

Non ricetta # 10 - Frozen Yogurt alla pesca ispirato a Donna Hay

Sembrava già arrivato l’autunno qui, invece questo fine settimana è tornato il sole, la luce estiva e le temperature sono state più calde e gradevoli. Così ho fatto per l’ennesima volta quello che è stato il dolce tormentone di questa caldissima estate: frozen yogurt, questa volta al gusto di pesca.
Il frozen yogurt non è una ricetta (o ‘non ricetta’ che sia) ma un metodo o forse  - meglio ancora – un’idea. Per quanto mi riguarda, l’idea viene da Donna Hay e dal suo stranoto frozen yogurt al mango e banana pubblicato qui. Io non amo particolarmente le banane né lo yogurt alla vaniglia che lei consiglia e ho riutilizzato il metodo di DH adattandolo ai miei gusti. Perché quello che conta in ricette come questa è l’idea, appunto. L’idea per realizzare un dessert light e goloso al tempo stesso che parli ancora un po’ di estate. Perfetto – a mio parere - per il rientro in città, per quelle sere in cui gli amici passano per vedere le foto delle vacanze e per scambiarsi qualche racconto. Anche quando non c’è tempo per un vero invito a cena, ma solo per una cena un po’ improvvisata: aperitivo con qualche idea veloce (pasta sfoglia già pronta con la quale ottenere tartine golose aggiungendo fichi, formaggio, prosciutto, fettine di pane nero spalmate di gorgonzola e decorate con pere affettate sottili….) un piatto unico magari anche solo tante verdure e cus cus e un dolce light possibilmente fresco e ‘fruttato’. Come il frozen yogurt appunto, da realizzare con la frutta preferita. E per accompagnare il tutto, è probabile che tra i souvenir della vacanza ci sia una bottiglia di vino bianco frizzante comprata proprio lì dove lo producono ancora in poche bottiglie o un rosé assaggiato per caso come aperitivo a cena e acquistato dal produttore prima di tornare a casa.
Dopo vari esperimenti ho messo a punto la mia ricetta di frozen yogurt utilizzando il metodo di Donna Hay (semplicissimo: far congelare la frutta e frullare con lo yogurt prima di servire). Io uso yogurt greco, lo addolcisco con lo zucchero a velo (meglio di quello semolato, anche di quello finissimo tipo lo Zefiro) e aggiungo la frutta fatta congelare qualche ora in frigo. A mio parere il migliore è quello alla albicocca e mango, ma quest’anno trovare albicocche buone è stato impossibile, almeno qui dove abito io ed ho adottato questa versione alla pesca (anche pesca e mango non è male…). Le dosi della ricetta sono indicative, conviene fare qualche esperimento e trovare la combinazione preferita.
Nella ricetta originale non si parla della proporzione tra frutta e yogurt, ho visto che per me funziona questa: per ogni 100 gr di frutta 80 gr di yogurt e un cucchiaio da minestra abbondante di zucchero a velo (possibilmente non vanigliato). Tutto qui. Il risultato dopo qualche ora in freezer è un dolce leggero, al gusto di frutta, sufficientemente cremoso da poter essere considerato un gelato. A mio parere non conviene ricongelarlo, mangiato dopo un solo – piuttosto breve - passaggio in freezer è più buono, altrimenti cristallizza troppo e perde cremosità.


FROZEN YOGURT ALLA PESCA (ISPIRATO A DONNA HAY)




Ingredienti per 4 persone (le dosi sono indicative):


850 gr di pesche (si devono ottenere circa 500 gr di frutta sbucciata e privata dei noccioli)
400 gr di yogurt greco
4 cucchiai da minestra (abbondanti) di zucchero a velo



Lava le pesche, sbucciale, privale del nocciolo e tagliale in pezzi non molto grandi.
Sistema i pezzi di frutta in una busta di plastica di quelle utilizzate per congelare i cibi e mettili nel congelatore. Fai congelare per almeno 4 ore. Io li ho lasciati in freezer per 6 ore.
Una mezz’ora prima di servire il frozen yogurt, estrai le pesche dal freezer e mettile nel bicchiere del frullatore insieme allo yogurt ben freddo e allo zucchero (il procedimento è analogo a quello del frappè, in cui si usano ghiaccio frutta e gelato, in questo caso la frutta è ghiacciatissima e non è necessario aggiungere altro ghiaccio).
Frulla fino a quando la frutta sarà completamente disfatta e il composto assume l’aspetto cremoso del gelato.
Puoi scegliere di servirlo subito dopo un breve passaggio in frigorifero oppure di farlo rapprendere una ventina di minuti - al massimo - ancora in freezer. Dipende dalla consistenza che desideri avere, io lo servo ben freddo, dopo 15/20 minuti di freezer.


EASY: servilo per merenda ai bambini in coppette, come un gelato di frutta, accompagnato da mini biscottini di frolla.


CHIC: dessert dopo cena: servito in coppe di vetro e accompagnato da un coulis di lamponi.



mercoledì 16 settembre 2015

Confettura di fichi e uva

Ogni anno le nostre vacanze si concludono con un fine settimana lungo in campagna dai miei genitori. Per varie ragioni nei mesi estivi ci vediamo molto poco, quindi prima che ciascuno riprenda le proprie attività ci troviamo tutti insieme lì. Nelle ultime due estati il tempo era stato tremendo: l’anno scorso era già freddo e pieno autunno, abbiamo acceso il camino e fatto finta che fosse novembre. Non siamo riusciti a fare una sola passeggiata, né ad andare a cercare i funghi (da quelle parti se ne trovano di solito), né a fare una qualsiasi attività all’aperto. E’ piovuto sempre: si, va bene,  è molto simpatico e romantico apparecchiare davanti al camino mentre fuori piove a dirotto, stare lì fino alla sera tardi a leggere e chiacchierare, ma non a fine agosto, quando invece vorresti stenderti pigramente al sole e gustare le ultime giornate soleggiate prima del rientro in città.
Quest’anno finalmente c’era il sole, le giornate sono state calde e brillanti di luce. In giardino si stava bene fin dalle prime ore del mattino, abbiamo potuto fare colazione all’aperto, pranzare sotto gli alberi che ci riparavano nelle ore più calde e restare all’aria aperta fino a tardi. Io che qui a Torino non ho nemmeno un piccolo balcone, apprezzo tantissimo la possibilità di mangiare fuori, di apparecchiare sul prato e fare colazione .. con gli occhiali da sole perché la luce è troppo forte!  Abbiamo raccolto l’ultima frutta matura prima di chiudere tutto e andare via e mia mamma ha prodotto come sempre una quantità incredibile di vasetti di marmellata. Io quest’anno ho voluto provare questa nuova ricetta che ho trovato sull’ultimo numero di una rivista francese (Saveurs): confettura di fichi ed uva, anche se l’uva l’ho acquistata lì nei dintorni e non è ‘produzione propria’. L’ispirazione l’ho presa dalla rivista, ma ho modificato le dosi dello zucchero e del limone secondo i miei gusti (tra parentesi nella ricetta riporto le quantità originali della rivista). Non amo le marmellate troppo dolci, perché mi piace che si senta il sapore della frutta e di solito metto pochissimo zucchero, in genere 300 gr per chilo di frutta, in questo caso ho ulteriormente ridotto le dosi perché sia i fichi che l’uva erano davvero dolcissimi.
E’ un pochino noioso eliminare i semini dagli acini d’uva (ma conviene farlo per evitare che la confettura diventi amara e ‘tannica’), ma il risultato finale ripaga appieno della fatica: la confettura è profumatissima, molto gustosa, alcuni acini non si disfano completamente e danno una piacevole consistenza e un colore rosso rubino che di prima mattina a colazione mette decisamente di buon umore.




CONFETTURA DI FICHI ED UVA (ispirata ad una ricetta di Saveurs di Settembre 2015)





(con questa dose di frutta ho ottenuto circa 750 ml di confettura)


500 gr di fichi maturi
500 gr di uva nera da tavola (io ho usato un Moscato di Amburgo)
280 gr di zucchero semolato (io ho usato lo Zefiro superfine) (800 gr nella ricetta originale)
Mezzo limone bio (2 limoni nella ricetta originale)


Lava l’uva preleva tutti gli acini dai grappoli e dividili in due per eliminare i semini interni.
Lava i fichi sbucciali e dividili in quattro spicchi o in sei se sono piuttosto grandi.
Raccogli tutta la frutta in una ciotola di vetro, aggiungi il succo del mezzo limone spremuto (nella ricetta originale si mettevano anche le zeste dei limoni tritate finemente io non le ho messe perché temevo che dessero un gusto troppo accentuato).
Aggiungi anche lo zucchero, mescola bene e metti in frigorifero per due ore coperto da pellicola.
Trascorso il tempo di riposo, versa il contenuto della ciotola in una casseruola che utilizzerai per cuocere la marmellata.
Metti sul fuoco medio, porta a bollore mescolando spesso (eventualmente elimina la schiuma che si forma in superficie) e lascia cuocere fino a raggiungere la consistenza voluta (io ho impiegato 40 minuti).
Al termine della cottura invasa la confettura nei barattolini sterilizzati in precedenza e chiudi con coperchi nuovi.
Lascia raffreddare i barattolini capovolti.
Esegui una seconda sterilizzazione facendo bollire i barattoli avvolti in canovacci puliti in una pentola piena d’acqua per 45 minuti.
Terminata la sterilizzazione, spengi e lascia raffreddare i barattoli all’interno della pentola.
Conserva la confettura al riparo dalla luce.


EASY: A colazione: l’ho trovata molto buona su una fetta di pane integrale lievemente tostata, spalmata di uno strato sottile di burro salato. Mi piace accompagnare con tè nero.






CHIC: Verrina dolce per una cena (ancora) estiva: uno strato di frollini sbriciolati grossolanamente (o granola home made), poca confettura di fichi e uva, uno strato abbondante di yogurt greco molto cremoso e su tutto mezzo fico maturo sbucciato e succoso. E’ molto carina da vedere se gli strati sono disposti con precisione e golosa da mangiare, gustando con un cucchiaino i tre strati tutti insieme. 

lunedì 3 agosto 2015

Non ricetta # 9 - Cioccogelatini

Qui a Torino c’ è un negozio che vende i cappelli di una famosa modisteria di Firenze. Ed è particolarmente simpatico perché è possibile entrare, guardare e provare con una certa libertà (io vado in crisi con le commesse che appena entri ti chiedono cosa vuoi e se possono aiutare, in genere preferisco prima guardare, farmi un’idea e poi eventualmente chiedere). Non ha molta scelta, ma per ogni stagione sono disponibili una decina di modelli. L’altro giorno avevo un po’ di tempo libero e ho deciso di entrare un attimo per dare un’occhiata. Ne aveva di bellissimi alcuni un po’ strampalati ma tutti .. da comprare. Io adoro i cappelli, anche se non vado oltre una cloche di tessuto impermeabile per la pioggia, un cappellino per evitare il sole nelle gite in montagna ed uno di paglia per il mare. Ecco, quello che cercavo era un cappello per il mare. L’idea era un semplice cappello di paglia ma lì ne avevano di bellissimi ... da vacanza in barca o qualcosa di simile. Fatti di un materiale leggero celeste polvere oppure rosa cipria con una tesa larghissima ma non rigida, un po’ morbida e ondulata. Sono stata a un passo dall’acquisto – sono talmente belli che stanno benne a tutti e uno di questi cappelli ti fa sentire immediatamente adatta a qualsiasi vacanza sotto il sole, dalle più sportive in jeans e t-shirt alle più chic con lunghi prendisoli multicolor e sandali gioiello. Poi ci ho pensato bene – un po’ troppo teatrale forse anche se bellissimo - e con grande rimpianto l’ho lasciato lì.
Però mi è tornata in mente una piccola festa che abbiamo fatto un po’ di anni fa – eravamo ancora … giovani e sciocche – con mia sorella e le nostre amiche. Eravamo in campagna dai nostri genitori, in uno dei quei pomeriggi assolati e caldissimi in cui le idee si confondono un po’. Abbiamo deciso di organizzare per il pomeriggio successivo una ‘festa con cappello’ – ispirate dalle foto di una festa speciale che si era tenuta nei giardini botanici di non solo quale grande città USA dove tutte le signore indossavano bizzarri cappelli. La nostra festa prevedeva queste due regole:
1.      Le partecipanti dovevano essere tutte vestite di bianco – jeans bianchi e t-shirt o polo, prendisole di cotone, pantaloncini e top… qualsiasi cosa purché tutto bianco
2.      Indossare un qualsiasi – se possibile buffo – cappello.
Come ogni festa in giardino che si rispetti prevedeva un tavolo apparecchiato – di bianco! – bevande fredde, dolci, gelati e qualsiasi cosa di buono che ognuna di noi volesse portare. Non lo ricordo di preciso, ma sicuramente ci sarà stata una piramide di cioccolatini ripieni di gelato (tipo quelli che presento oggi) perché il gelataio di un paese vicino ne faceva di buonissimi ed io ne mangiavo in quantità.
Il pomeriggio è stato divertentissimo e naturalmente molto goloso e l’inizio di una serie di ‘feste a tema estive’ che abbiamo replicato fino a qualche anno fa. Poi ci siamo sposate, disperse per l’Italia, partite per vacanze più brevi e lontane e l’estate è diventata un po’ diversa da quelle che facevamo ‘da piccole’.

Poche note: per fare questi dolcetti trovo che siano indispensabili gli stampi di silicone o di policarbonato per i cioccolatini. Più buoni sono il cioccolato e il gelato utilizzati, migliore è il risultato finale. Io non ho temperato il cioccolato, ma l’ho sciolto progressivamente – parte sul fuoco, parte fuori dal fuoco - in modo da non aumentare troppo la temperatura del cioccolato.
Ho utilizzato gelato alla vaniglia perché avevo ospiti che non gradiscono la menta ma a mio parere i migliori si ottengono con gelato artigianale al gusto di menta.


CIOCCOGELATINI



(il numero dei ‘cioccolatini’ che si ottengono con queste dosi, dipende dalla dimensione dello stampo. I miei ‘girasoli’ di silicone hanno un diametro di circa 4 cm ed ho ottenuto 20 cioccolatini)

100 gr di cioccolato fondente al 60%
200 gr di gelato artigianale del gusto che preferito, io ho utilizzato la vaniglia


Trita grossolanamente il cioccolato e mettine una metà a fondere in un pentolino a bagnomaria.
Quando il cioccolato è fuso, aggiungi poco per volta fuori dal fuoco l’altra metà e mescola in modo da fonderlo completamente.
Con il cioccolato fuso rivesti le pareti di uno stampo per cioccolatini aiutandoti con un pennello di silicone.
La quantità di cioccolato da utilizzare per il ‘guscio’ dipende un po’ dai gusti. A me piace che sia abbastanza consistente in modo da fare ‘croc’ quando viene assaggiato, se è troppo sottile si percepisce appena.
Metti lo stampo a raffreddare in frigorifero per 5 ore.
Per riempire con facilità i gusci di cioccolato con il gelato, estrai il gelato dal congelatore almeno un quarto d’ora prima, in modo che sia lavorabile con un cucchiaio.
Quando il gelato è morbido e cremoso, estrai lo stampo dal frigo e riempi i gusci di cioccolato con qualche cucchiaino di gelato.
Livella bene la superficie del gelato all’interno di ogni cioccolatino e metti a raffreddare in congelatore per 4/5 ore.
Prima di servire estrai i cioccolatini dallo stampo e sistemali su un vassoio.



EASY: Puoi preparare i cioccogelatini con gelato di vari gusti: pistacchio, nocciola, crema e vaniglia e servirli per una festa di compleanno estiva dopo la torta.




CHIC: Preparali con gelato alla menta e servili con il caffè al termine di una cena all’aperto.